Un team di studiosi olandesi sperimenta una carne "in vitro" prodotta a partire da cellule staminali di suini. Nelle intenzioni potrebbe sostituire gli allevamenti tradizionali contribuendo a ridurre le emissioni di gas serra. Ma c'è ancora tanto lavoro da fare, per ora l'aspetto non è dei migliori...
CARNE croccante, saporita, stretta tra due fette di pane e accompagnata da insalata, pomodori e patatine. Nell'immaginario collettivo un hamburger si presenta più o meno così. Per molti un piatto alla base di una cena in stile British, alternativa alla classica dieta mediterranea. Bene, tra qualche mese tutto ciò potrebbe costare caro: la somma da sborsare si aggira intorno ai 250 euro, circa 200 sterline. E' il prezzo che i ricercatori dell'Università di Maastricht, in Olanda, prevedono per il primo hamburger prodotto interamente in laboratorio. Potrebbe sbarcare sulle tavole mondiali tra meno di sei mesi e si appresta, secondo quanto scrive Mark Post 1, capo del team di studiosi olandesi, sul News Scientist magazine, "a diventare l'unica scelta per i consumatori".
Ma l'aspetto non è dei migliori. La "carne in vitro" è prodotta a partire da cellule staminali di suini alimentate con siero proveniente dai feti dei cavalli. Le strisce di muscoli create sono poi attaccate a fasce di velcro che le allungano per garantirgli la stessa costituzione ed elasticità della carne vera. Al momento, però, gli esperimenti non sembrano dare i frutti sperati e la carne artificiale appare ben diversa da quella tradizionale derivata da un normale processo di allevamento e macellazione: il tessuto è lungo circa2 centimetri e mezzo e largo meno di uno, è di colore biancastro e tutt'altro che croccante. "Il colore chiaro è dovuto alla mancanza di sangue e alla scarsità di mioglobina, proteina che contiene ferro", si sfoga Post. E aggiunge: "Stiamo cercando dei modi per aumentare il livello di mioglobina per far sì che la carne in vitro assuma un colore naturale".
Dodici mesi per migliorare. L'obiettivo del professore è arrivare al primo hamburger creato in laboratorio al massimo tra un anno. Una volta avviata una linea di produzione stabile, infatti, i vantaggi potrebbero essere cospicui: a parte costi e tempistiche minori, il taglio degli allevamenti porterebbe a una diminuzione di miliardi di tonnellate di gas serra e un consumo di terra inferiore di quasi il 99 per cento. Per non parlare poi del fatto che l'aumento popolazione mondiale metterebbe a rischio la capacità delle fattorie di produrre una quantità di carne sufficiente per il fabbisogno delle persone, rischio potenzialmente evitabile proprio grazie allo sviluppo di un mercato artificiale di carne di vitello, suino, pollo e tacchino.
Gusto misterioso. A parte l'aspetto, poco o nulla si sa del gusto della carne: regolamenti molto rigidi impediscono di consumare tessuti sviluppati artificialmente a partire da prodotti animali. Esperti dell'Università di Amsterdam auspicano di risolvere il problema creando un nutrimento sintetico, capace di garantire alle cellule staminali tutto ciò di cui hanno bisogno per crescere. Per Helen Ferrier, dell'Unione Nazionale degli allevatori inglesi, "l'allevamento tradizionale è sostenibile ed efficiente, in grado di soddisfare i bisogni della popolazione e offrire benefici all'ambiente, al paesaggio e all'economia rurale". Ma Post insiste: "Nulla fa sperare che le vecchie tecniche di allevamento possano sopravvivere nei prossimi anni". E intanto nel 2012 scade il premio di un milione di dollari offerto dalla Peta, associazione per il trattamento etico degli animali, al primo ricercatore che avesse immesso sul mercato carne artificiale. Resterà senza vincitore?
Ma l'aspetto non è dei migliori. La "carne in vitro" è prodotta a partire da cellule staminali di suini alimentate con siero proveniente dai feti dei cavalli. Le strisce di muscoli create sono poi attaccate a fasce di velcro che le allungano per garantirgli la stessa costituzione ed elasticità della carne vera. Al momento, però, gli esperimenti non sembrano dare i frutti sperati e la carne artificiale appare ben diversa da quella tradizionale derivata da un normale processo di allevamento e macellazione: il tessuto è lungo circa
Dodici mesi per migliorare. L'obiettivo del professore è arrivare al primo hamburger creato in laboratorio al massimo tra un anno. Una volta avviata una linea di produzione stabile, infatti, i vantaggi potrebbero essere cospicui: a parte costi e tempistiche minori, il taglio degli allevamenti porterebbe a una diminuzione di miliardi di tonnellate di gas serra e un consumo di terra inferiore di quasi il 99 per cento. Per non parlare poi del fatto che l'aumento popolazione mondiale metterebbe a rischio la capacità delle fattorie di produrre una quantità di carne sufficiente per il fabbisogno delle persone, rischio potenzialmente evitabile proprio grazie allo sviluppo di un mercato artificiale di carne di vitello, suino, pollo e tacchino.
Gusto misterioso. A parte l'aspetto, poco o nulla si sa del gusto della carne: regolamenti molto rigidi impediscono di consumare tessuti sviluppati artificialmente a partire da prodotti animali. Esperti dell'Università di Amsterdam auspicano di risolvere il problema creando un nutrimento sintetico, capace di garantire alle cellule staminali tutto ciò di cui hanno bisogno per crescere. Per Helen Ferrier, dell'Unione Nazionale degli allevatori inglesi, "l'allevamento tradizionale è sostenibile ed efficiente, in grado di soddisfare i bisogni della popolazione e offrire benefici all'ambiente, al paesaggio e all'economia rurale". Ma Post insiste: "Nulla fa sperare che le vecchie tecniche di allevamento possano sopravvivere nei prossimi anni". E intanto nel 2012 scade il premio di un milione di dollari offerto dalla Peta, associazione per il trattamento etico degli animali, al primo ricercatore che avesse immesso sul mercato carne artificiale. Resterà senza vincitore?
( La Repubblica )
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