sabato 3 settembre 2011

Haiti: 85% barriera corallina è morta


L’incuria dell’uomo nei confronti della natura continua a mietere vittime. Ma bisognerebbe ricordare prima di tutto che le prime vittime siamo noi stessi, allo stesso tempo colpevoli e vittime, che degradando la nostra casa mettiamo in serio pericolo il nostro futuro e quello degli altri esseri viventi. Lungimiranza sembra una parola ormai lontana dagli ingranaggi che muovono i nostri passi, troppo diretti ad un effimero benessere presente che però è destinato a far tornare con i piedi per terra, ed abbassando lo sguardo rendersi conto che le meraviglie della natura stanno progressivamente pagando il prezzo più caro della nostra avidità e cupidigia.
Come molti sapranno dal 1 settembre in Italia è scattata lo stop della pesca, difatti non è sempre e solo a causa dell’inquinamento che si arrecano grandi danni all’ecosistema, ma anche lo sfruttamento intensivo di una risorsa può causare danni irreparabili. Come è avvenuto proprio ad Haiti dove ad oggi l’85% della barriera corallina risulta danneggiata irreparabilmente (biologicamente morto) a causa della pesca senza limiti e dei cambiamenti climatici. A diffondere la notizia il "New York Times", che ha riportato una dichiarazione del direttore della ong californiana "Reef Check”, Gregor Hodgson, che ha dichiarato: "Credo ci si trovi davanti al peggiore sfruttamento da pesca del mondo intero, che ha causato un danno ormai da considerare irreparabile".
Che i turisti e gli uomini di tutto il mondo davanti a notizie di questo genere, almeno una volta si fermino a pensare per comprendere quanto sia importante essere “rispettosi” di ciò che convive con noi. (2DUERIGHE.COM)
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venerdì 2 settembre 2011

Ricostruita la 'mappa del gusto' nel cervello


Impossibile confondere la dolcezza di un cornetto alla crema con il salato di una patatina fritta.
Le percezioni legate ai gusti dolce, amaro, salato e umami (ovvero 'saporito') nascono in quattro aree del cervello distinte e ben separate. Lo dimostra la prima 'mappa del gusto' elaborata per il cervello dei mammiferi da alcuni ricercatori americani coordinati dall'Howard Hughes Medical Institute di New York, che hanno pubblicato i risultati dei loro studi su Science.
Le aree cerebrali che si 'accendono' per far godere i piaceri del cibo (ma anche per segnalare le spiacevoli esperienze del palato) sono state identificate per la prima volta in alcuni topi da laboratorio. Questo e' stato possibile grazie a una tecnica d'avanguardia che colora i neuroni e li rende fluorescenti ogni volta che si attivano (facendo entrare al loro interno grandi quantita' di ioni di calcio) in risposta agli stimoli provenienti dalla lingua.
Grazie a particolari microscopi molto potenti, i ricercatori guidati da Xiaoke Chen sono riusciti a identificare quattro reti di neuroni distinte e ben separate che si attivano per elaborare le sensazioni di dolce, salato, amaro e umami. Non e' stata invece identificata nessuna area specifica per l'acido. Due le possibili spiegazioni: o la rete neuronale per questo gusto si trova al di fuori della porzione del cervello analizzata nello studio, oppure questa sensazione coinvolge un sistema piu' ampio di neuroni, alcuni dei quali potrebbero essere implicati anche nella percezione del dolore.
Questo stesso gruppo di ricercatori aveva gia' scoperto in passato che ogni gusto viene percepito sulla lingua da specifici recettori. La loro attivazione scatena nel topo dei comportamenti innati ben determinati: da un lato c'e' l'attrazione per il dolce, l'umami e il salato, dall'altro invece c'e' l'avversione per l'amaro, l'acido e il troppo salato. Questa nuova scoperta dimostra ora che i segnali provenienti dai recettori della lingua hanno un percorso ben stabilito anche nel cervello, dove vengono elaborati da cellule nervose specializzate.
Il prossimo obiettivo dei ricercatori sara' quello di scoprire ''come il gusto si combina con gli altri input sensoriali e con gli stati d'animo per determinare i nostri comportamenti e per generare i ricordi dei gusti''. (Ansa.it)
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Google Chrome, i primi 3 anni.


Il browser di Mountain View spegne tre candeline e festeggia pubblicando una infografica sui progressi delle tecnologie web. 
Roma - Il 1 settembre 2008, tre anni fa, Google distribuiva la prima versione del suo browser web cominciando un'avventura destinata a condizionare grandemente la concorrenza e lo sviluppo complessivo del settore. Oggi Google Chrome festeggia i primi tre anni di età con una infografica tematica e promettendo novità per il prossimo futuro.
Notevoli e importanti sono i contributi portati da Chrome al mercato dei browser in questo breve lasso di tempo, e l'elenco "obbligatorio" di funzionalità e tecnologie introdotte o promosse dal software di Mountain View non può non accennare al performante engine JavaScript "V8", allo sviluppo accelerato del codice, alla glorificazione delle possibilità di HTML5 e all'interfaccia minimale tutta concentrata sulla valorizzazione delle single schede/URL e relativi servizi web.
In pochi anni Chrome è riuscito a conquistarsi un importante seguito di pubblico, arrivando a un'adozione che a luglio 2011 rappresentava il 23 per cento del mercato totale dei browser. Merito naturalmente delle sue indubbie qualità tecniche, ma anche della gran massa di danari pompati da Mountain View nella sua promozione con tanto di star alla moda usate come veicolo pubblicitario "esclusivo".
Chrome festeggia i suoi primi tre anni, e certamente non sembra avere intenzione di fermare la sua corsa proprio ora: il "browser di Lady Gaga" è sempre più mainstream e anche Facebook è costretta a farci i conti, mentre il futuro porta in dote nuove funzionalità avanzate (al netto dei rischi per la privacy dell'utente) e un'importanza crescente per gli ambiziosi piani "totalizzati" di Google e del suo micro-sistema operativo basato su Linux e perennemente collegato (e dipendente) al Web.

Punto Informatico

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'Fidel è morto', virus e paure tra i fili della rete Web


Roma, 1 set. (Adnkronos) - Frasi d'amore, bachi, cavalli di Troia e adesso l'annuncio della morte del 'Leader maximo'. La fantasia dei creatori di virus informatici continua a partorire nuove minacce che si dipanano tra i 'fili' della rete del web. 'Fidel Castro is dead' è solo l'ultima trovata dei pirati informatici pronti a mettere in crisi i computer di tutto il mondo. L'informatizzazione di sempre più aspetti della nostra vita, sia che questi coinvolgano il lavoro, il tempo libero, oppure l'archiviazione di ricordi della nostra vita, come foto, messaggi o pensieri, aumenta le preoccupazioni che queste si possano cancellare per mano di un qualsiasi 'malware'. Nonostante il picco di preoccupazione sia stato raggiunto la notte del 31 dicembre 1999, quando la paura per il cosiddetto 'Millennium bug' (non un virus ma un potenziale difetto informatico) gettò nel panico informatici, agenti di borsa e comuni cittadini, il livello di attenzione continua ad essere alto e il timore di contagio elevato.
Tutto ebbe inizio con Elk Cloner, creato nel 1982 dal programmatore americano Rich Skrenta allora quindicenne, che gettò scompiglio per la prima volta nel mondo degli informatici. Questa invenzione impiegò circa sei anni per invadere tutti gli Stati Uniti via floppy disk. Tempi 'biblici' rispetto alla velocità di diffusione a cui siamo abituati ora, almeno da quando internet riesce a connettere contemporaneamente una quantità tendenzialmente infinita di apparecchi.
E' stata proprio la rete ad avere permesso la rapida propagazione di 'I love you', il primo 'script' virus che, propagatosi tramite posta elettronica, mise fuori uso migliaia di computer in tutto il mondo. Ma fu il 2001 l'annus horribilis per la rete: 'SQL/Slammer' da solo infatti rese inutilizzabili quasi la metà dei server che reggevano la rete in quegli anni. Furono messi fuori uso i bancomat della Bank of America, e resi inutilizzabili sia il servizio di emergenza 911 a Seattle che le biglietterie e i sistemi per il check-in in numerosi aeroporti statunitensi.
Per quanto tutti i software infettivi vengano chiamati dai non addetti ai lavori virus, in realtà esistono notevoli differenza tra i veri e propri virus e altre tipologie di malware, come trojan, worm, dialer o spyware. A cambiare non è solamente la portata dei danni e dei problemi ma soprattutto il modo in cui essi si propagano e disturbano il normale lavoro del computer. Se infatti i 'worm' utilizzano preferibilmente la posta e creano rallentamenti al sistema, gli 'spywere' non sono altro che programmi che si annidano nei computer in maniera nascosta durante l'istallazione di programmi contaminati e che trasmettono informazioni private di navigazione facendole pervenire tramite Internet ad un'organizzazione che le utilizzerà per trarne profitto.
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giovedì 1 settembre 2011

Un’iniezione di virus per uccidere i tumori


Per la prima volta al mondo ricercatori canadesi hanno dimostrato che alcuni virus «oncolitici» aggrediscono le cellule malate ma non quelle sane
MILANO - I virus sono capaci di uccidere i tumori. Una ricerca, appena pubblicata su Nature, dimostra, per la prima volta al mondo, che un’iniezione di virus cosiddetti “oncolitici” provoca la distruzione delle cellule tumorali, senza “infettare” i tessuti sani. L’idea di sfruttare i virus per combattere il cancro non è nuova. Anni fa si era pensato di utilizzarli per stimolare il sistema immunitario ad aggredire le cellule cancerose. Poi i progressi della genetica hanno aperto una nuova prospettiva: modificare i virus in modo da spedirli direttamente sul tumore. È il caso dell'OncoVex, (un preparato costituito da virus dell'Herpes labiale) che ha dimostrato una certa efficacia nel melanoma, quando è iniettato all’interno della massa neoplastica.
POCHI EFFETTI COLLATERALI - I ricercatori dell’Università di Ottawa, autori del lavoro di Nature, invece, hanno pensato di somministrare i virus per via endovenosa, con l’obiettivo di raggiungere tumori diffusi in diversi organi. Lo studio ha coinvolto 23 pazienti, tutti con forme di cancro avanzato e diffuso, insensibili alle terapie standard. Ai pazienti è stata somministrata una singola infusione endovenosa di virus, chiamati JX-594, a cinque differenti dosi. L’obiettivo, in questo studio, era quello di verificare la sicurezza della cura, ma parallelamente sono stati valutati anche gli effetti terapeutici. I ricercatori hanno osservato che i virus si replicavano nei tessuti tumorali, ma non in quelli sani, e nei pazienti, che hanno ricevuto le dosi più alte, hanno visto anche una riduzione o una stabilizzazione della massa tumorale. La terapia era ben tollerata e gli effetti collaterali limitati a sintomi simili a quelli dell’influenza, che duravano meno di un giorno.
CONTRO IL VAIOLO - «È la prima volta nella storia medica – ha commentato John Bell dell’Ottawa Hospital Research Institute – che i virus, somministrati per endovena, si replicano in maniera consistente e selettiva nei tessuti neoplastici. Non solo, ma i tumori, infettati dai virus, esprimono anche geni estranei, veicolati da questi ultimi, che possono rappresentare un bersaglio di nuove terapie». Il virus JX-594 è derivato da un ceppo di virus del vaccino, quello utilizzato per la vaccinazione antivaiolosa, ha una naturale capacità di replicarsi nelle cellule tumorali e può essere manipolato geneticamente in modo da aumentare le sue proprietà anti-cancro. «I virus oncolitici sono unici – ha aggiunto Bell – perché possono aggredire il tumore in molti modi, hanno pochi effetti collaterali, a confronto con altri trattamenti, e possono essere “personalizzati” e adattati a diversi tipi di cancro». 
Fonte:
 Adriana Bazzi 
abazzi@corriere.it
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Ecco l'hamburger artificiale ma per ora costa 250 euro


Un team di studiosi olandesi sperimenta una carne "in vitro" prodotta a partire da cellule staminali di suini. Nelle intenzioni potrebbe sostituire gli allevamenti tradizionali contribuendo a ridurre le emissioni di gas serra. Ma c'è ancora tanto lavoro da fare, per ora l'aspetto non è dei migliori...

CARNE croccante, saporita, stretta tra due fette di pane e accompagnata da insalata, pomodori e patatine. Nell'immaginario collettivo un hamburger si presenta più o meno così. Per molti un piatto alla base di una cena in stile British, alternativa alla classica dieta mediterranea. Bene, tra qualche mese tutto ciò potrebbe costare caro: la somma da sborsare si aggira intorno ai 250 euro, circa 200 sterline. E' il prezzo che i ricercatori dell'Università di Maastricht, in Olanda, prevedono per il primo hamburger prodotto interamente in laboratorio. Potrebbe sbarcare sulle tavole mondiali tra meno di sei mesi e si appresta, secondo quanto scrive Mark Post 1, capo del team di studiosi olandesi, sul News Scientist magazine, "a diventare l'unica scelta per i consumatori".

Ma l'aspetto non è dei migliori. La "carne in vitro" è prodotta a partire da cellule staminali di suini alimentate con siero proveniente dai feti dei cavalli. Le strisce di muscoli create sono poi attaccate a fasce di velcro che le allungano per garantirgli la stessa costituzione ed elasticità della carne vera. Al momento, però, gli esperimenti non sembrano dare i frutti sperati e la carne artificiale appare ben diversa da quella tradizionale derivata da un normale processo di allevamento e macellazione: il tessuto è lungo circa 2 centimetri e mezzo e largo meno di uno, è di colore biancastro e tutt'altro che croccante. "Il colore chiaro è dovuto alla mancanza di sangue e alla scarsità di mioglobina, proteina che contiene ferro", si sfoga Post. E aggiunge: "Stiamo cercando dei modi per aumentare il livello di mioglobina per far sì che la carne in vitro assuma un colore naturale".

Dodici mesi per migliorare. L'obiettivo del professore è arrivare al primo hamburger creato in laboratorio al massimo tra un anno. Una volta avviata una linea di produzione stabile, infatti, i vantaggi potrebbero essere cospicui: a parte costi e tempistiche minori, il taglio degli allevamenti porterebbe a una diminuzione di miliardi di tonnellate di gas serra e un consumo di terra inferiore di quasi il 99 per cento. Per non parlare poi del fatto che l'aumento popolazione mondiale metterebbe a rischio la capacità delle fattorie di produrre una quantità di carne sufficiente per il fabbisogno delle persone, rischio potenzialmente evitabile proprio grazie allo sviluppo di un mercato artificiale di carne di vitello, suino, pollo e tacchino.

Gusto misterioso. A parte l'aspetto, poco o nulla si sa del gusto della carne: regolamenti molto rigidi impediscono di consumare tessuti sviluppati artificialmente a partire da prodotti animali. Esperti dell'Università di Amsterdam auspicano di risolvere il problema creando un nutrimento sintetico, capace di garantire alle cellule staminali tutto ciò di cui hanno bisogno per crescere. Per Helen Ferrier, dell'Unione Nazionale degli allevatori inglesi, "l'allevamento tradizionale è sostenibile ed efficiente, in grado di soddisfare i bisogni della popolazione e offrire benefici all'ambiente, al paesaggio e all'economia rurale". Ma Post insiste: "Nulla fa sperare che le vecchie tecniche di allevamento possano sopravvivere nei prossimi anni". E intanto nel 2012 scade il premio di un milione di dollari offerto dalla Peta, associazione per il trattamento etico degli animali, al primo ricercatore che avesse immesso sul mercato carne artificiale. Resterà senza vincitore?
( La Repubblica )
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Sky Go, dal satellite al tablet

La programmazione Sky sdoppia i propri canali di trasmissione affiancando l’offerta satellitare a quella online su tablet. La novità prende il nome di Sky Go e l’offerta è riservata unicamente a chi è già un abbonato Sky. Il che, per certi versi, sembra essere una soluzione in grado di aggirare con agilità i limiti che l’App Store impone a livello di acquisti in-app.
Sky Go è una applicazione messa a disposizione da Sky Italia per accedere a 19 canali specifici: SkyTg24, SkySport24, SkyUno, SkySport1, SkySport2, SkySport3, SkySportExtra, EuroSport, SkySuperCalcio e l’insieme dei canali SkyCalcio («Gli incontri in diretta di tutta la Serie A e del Calcio Internazionale con il meglio di Premier League, Liga Spagnola e Bundesliga»). L’attivazione è semplice: è sufficiente scaricare l’app da App Store e quindi attivare il servizio dal proprio account Sky per ottenere l’autorizzazione all’accesso.
Il prezzo di Sky Go è pari a 7 euro/mese, ridotti a 3 euro per le utenze Multivision o Home Pack. Fino al 31/12 il servizio è offerto a titolo gratuito. Il pagamento del servizio non è però assoggettato, almeno in teoria, all’obolo del 30% dovuto ad Apple per gli acquisti contratti su App Store. Questo poiché il download dell’applicazione è gratuito, mentre l’attivazione del servizio è qualcosa che viene operato all’esterno del marketplace ed in completa autonomia rispetto a quanto presente sull’applicazione stessa (inutile ai fini dell’accesso finché il tutto non è attivato dal pannello di gestione su Sky.it).
L’applicazione è al momento disponibile soltanto su App Store e soltanto per iPad, offrendo così al tablet Apple l’esclusiva momentanea sul servizio.( Fonte SKY )
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Gravi rischi per ambiente polare da trivellazioni nell'Artico


Roma, 31 ago. (Adnkronos)- Teme "gravi rischi per i ghiacci e per l'ambiente polare" dalle trivellazioni per la ricerca del petrolio in Artico il direttore del Dipartimento Terra e Ambiente del Cnr, Enrico Brugnoli, che, raggiunto telefonicamente dall'ADNKRONOS nella base del Consiglio nazionale delle ricerche 'Dirigibile Italia' di Ny-Alesund, nelle isole Svalbard, nel Circolo polare artico, commenta così la notizia dell'accordo tra il gigante petrolifero russo Rosneft e il colosso americano Exxon che apre alla ricerca di nuovi giacimenti di petrolio anche al Polo Nord.
"Già il particolato è causa dello scioglimento dei ghiacci artici, figuriamoci quali danni potrebbero avvenire da versamenti di petrolio" afferma lo scienziato del Cnr. "Comprendo pienamente l'esigenza di approvvigionamento energetico ma -aggiunge Brugnoli- le trivellazioni, che rappresentano interessi economici e politici, possono rappresentare anche un pericolo forte per quest'area".
"Qui -sottolinea lo scienziato- ci sono iceberg importanti, l'Artico, i ghiacci polari sono una grande risorsa d'acqua per il pianeta. Non è la stessa cosa trivellare in Artico rispetto alle attività petrolifere fatte in oceano aperto o in Adriatico".
"Si sa che qui in Artico -continua Brugnoli- possono esserci riserve petrolifere importanti ma le piattaforme e le attività petrolifere vanno fatte in estrema sicurezza, nella piena tutela dell'ambiente, e le ultime sciagure lasciano pensare sulla sicurezza delle tecnologie attuali".
"I Poli -ricorda Brugnoli- sono la cartina al tornasole dei cambiamenti climatici, noi siamo qui per studiare come evitare lo scioglimento dei ghiacci, come tutelare questi ambienti".
"Il Cnr -afferma ancora Brugnoli- è qui in Artico per finalità di ricerca scientifica e tenere alta la presenza italiana nel Consiglio Artico come membro. I ghiacci si sciolgono e aprono così nuovi interessi sul fronte dei trasporti e sul fronte energetico".
"I ghiacci -ribadisce lo scienziato del Cnr- si stanno sciogliendo e su questo non c'è dubbio. Ora tutta la comunita' internazionale, tranne gli Usa, sta studiando questi fenomeni e le loro conseguenze per la vita sulla Terra".
Brugnoli riferisce quindi la recente "installazione di una nuova torre italiana di ricerca in Artico". "Ci sono 20 Paesi presenti in quest'area e l'Italia -continua ancora- ha forti rapporti con Norvegia, Corea, Inghilterra e Francia" nel campo della ricerca scientifica". "Va bene la ricerca petrolifera ma -sottolinea ancora- va tutelato l'ambiente". Proprio in questi giorni l'Ambasciatore italiano in Norvegia, Antonio Bandini, è in visita presso la base del Consiglio nazionale delle ricerche nelle isole Svalbard, nel Circolo polare artico.
Una visita voluta per ribadire che per l'Italia, ha detto Bandini, "è essenziale essere presenti nell'Artico nel momento in cui il grande Nord è al centro dell'attenzione politica internazionale su temi fondamentali quali i trasporti marittimi, la tutela ambientale, lo sfruttamento delle risorse energetiche". E, "in conseguenza dei rapidi cambiamenti climatici e ambientali, -conclude Brugnoli- la necessità di studiare in particolare il sistema Artico con un approccio integrato multidisciplinare è sempre più stringente".
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I vip si mobilitano per la Rainbow Warrior

Roma, 1 set. - (Adnkronos) - Abiti, biglietti riservati per i concerti, oggetti autografati, opere d'arte e anche una cena con il tuo beniamino: i personaggi famosi di tutto il mondo si mobilitano per salvaguardare il pianeta. Con un'asta on line i vip contribuiscono alla costruzione della Rainbow Warrior III, la nuova nave ammiraglia di Greenpeace, che sarà varata ufficialmente ad ottobre, in concomitanza con il 40esimo anniversario dell'Organizzazione. (FOTO)
In partnership con CharityBuzz, una casa d'aste specializzata nel no-profit, l'asta rimarrà online fino alla fine di settembre su http://www.charitybuzz.com/greenpeace. Tra gli oggetti per i quali si può fare un'offerta anche la possibilità di incontrare dal vivo il calciatore Leo Messi allo stadio di Barcellona, due biglietti vip per il concerto di Paul McCartney negli Stati Uniti, opere d'arte di Picasso e Damien Hirst, una cena con l'attrice Lucy Lawless e vari oggetti autografati appartenuti a Helena Bonham Carter, Jake Gyllenhaal, Helen Mirren e molti altri.
Tra le celebrities italiane coinvolte nell'iniziativa ci sono Laura Pausini, Claudia Gerini, Sandra Ceccarelli, Andrea DeCarlo, Beppe Grillo e Giovanni Soldini che hanno donato capi di abbigliamento firmati, oggetti autografati e premi vinti.
La Rainbow Warrior III è la prima nave della flotta di Greenpeace ad essere costruita specificamente per venire incontro alle particolari esigenze dell'organizzazione ambientalista e avrà un ruolo essenziale nella lotta e nella prevenzione dei crimini contro l'ambiente.
La nave è dotata delle più avanzate tecnologie per minimizzare il suo impatto ambientale e di un rivoluzionario sistema di velatura che le permetterà di contenere al minimo l'utilizzo di carburanti e quindi la sua impronta energetica.
"Contribuire alla costruzione della Rainbow Warrior III è un'occasione per ciascuno di noi di essere parte della storia e di decidere che genere di futuro vogliamo lasciare in eredita' ai nostri figli. Sono orgogliosa di far parte dell'equipaggio che contribuisce alla costruzione della nave" commenta Lucy Lawless a nome di tutte le celebrities coinvolte nel progetto.
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