mercoledì 11 marzo 2015

Realizzato a Londra il rubinetto salva-acqua che evita gli sprechi con getti "artistici"

Il dispositivo hi-tech è stato messo a punto da uno studente del Royal College of Art di Londra e consente di risparmiare il 15% circa sulla bolletta.
Risparmiare è un'arte e alle volte può produrre delle "opere" davvero spettacolari. Lo sa bene Simin Qiu, uno studente di design nel Royal College of Art di Londra che ha messo a punto un rubinetto speciale in grado di "salvare" l'acqua evitando gli sprechi. Ma oltre a dare un taglio del 15% alla bolletta, il dispositivo trasforma il getto in uscita in spirali artistiche talmente belle da sembrare decorazioni di cristallo.

Le trame "geometriche" dei getti d'acqua che finiscono nel lavandino sono il risultato di tanti micro-spruzzi incrociati, che lasciano "vuoto" il centro del cilindro evitando così gli sprechi. Il meccanismo è reso possibile grazie a una doppia turbina installata nel "becco" del rubinetto che limita il flusso di acqua.
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martedì 10 marzo 2015

Shazam vuole riconoscere anche gli oggetti

Il popolare pulsante blu di Shazam scommette sul riconoscimento degli oggetti. Il futuro dell’app che ha superato i 100 milioni di utenti attivi e vale più di un miliardo di dollari
La startup Shazam, valutata un miliardo di dollari, da tempo cerca di ampliare il suo raggio d’azione, espandendosi in nuovi mercati e introducendo nuove funzionalità. Già “to shazam” è diventato un verbo, ma ora vuole andare oltre la sua app musicale. In futuro vuole riconoscere gli oggetti, come i prodotti in commercio. Lo ha spiegato lo Chief Executive Rich Riley a Reuters in occasione della fiera Mobile World Congress (Mwc 2015) di Barcellona.
Presto Shazam permetterà il riconoscimento degli oggetti nei negozi
L’azienda conta oltre 100 milioni di utenti attivi mensili sui dispositivi mobili. La tecnologia di Shazam oggi consente agli utenti di riconoscere brani musicali e programmi Tv attraverso smartphone e tablet, aiutando gli utenti ad acquisire tracce o vedere quale musica è di tendenza in una certa area. Ma in futuro “il famoso pulsante blu che i nostri utenti amano rimarrà tale, ma permetterà loro di fare molto di più” ha concluso Riley.
In futuro l’app permetterà di riconoscere un pacchetto di cereali in un negozio per accedere ad ulteriori informazioni sugli elementi nutrizionali; oppure dalla copertina di un DVD, sarà possibile acquistare la colonna sonora di un film.
Già oggi l’applicazione della startup non solo permette di risalire a titolo e autore di un brano semplicemente ascoltandolo, ma permette anche di ascoltare la canzone individuata, accedendo a servizi di  streaming musicale come Spotify e Deezer.
Shazam è stata per anni fra le 25 apps più scaricate. Di recente ha introdotto strumenti di marketing basati sulla localizzazione.
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lunedì 9 febbraio 2015

Dagli Usa l'elisir di giovinezza: la pillola miracolo dei Nobel

L’elisir di giovinezza in una pillola? Secondo la Elysium Health, società di Leonard Guarente, ex professore al Mit di Boston, il segreto è l’integratore Basis, per ora testato solo sui topi, che avrebbe gli stessi effetti di una dieta povera di calorie, la chiave per una vita lunga. Il lavoro ha visto il coinvolgimento di cinque premi Nobel tra cui Martin Karplus, premiato per la chimica nel 2013.
Gli scienziati hanno dimostrato di poterestendere la vita dei topi di laboratorioalimentandoli di meno. Il processo, noto come ‘restrizione calorica’, è mediato da molecole biologiche chiamate sirtuine, a loro volta dipendenti dal livello del Nad+ (nicotinamide adenina dinucleotide), che tende a scendere con l’età. L’idea di base è quindi quella di intervenire incrementando la quantità di questa molecola nelle cellule.
Basis, dunque, oltre a contenere pterostilbene, un antiossidante che stimola le sirtuine, include anche un precursore del Nad+, il riboside nicotinamide, che l’organismo può metabolizzare, avviando il processo di allungamento della vita. Questo idealmente. L’integratore infatti, testato solo sui topi, non garantisce affatto un meccanismo analogo sull’uomo.
Il problema, come lo stesso Guarente ha precisato, risiede nella quasi impossibilità di dimostrare, in un tempo ragionevole, che i farmaci che estendono la durata della vita degli animali possono fare lo stesso nelle persone: un tale esperimento potrebbe infatti richiederedecenni, vista l’attuale durata media della vita umana.
Ecco perché, attualmente, l’azienda ha deciso di fermare la pillola allo status di integratore, che negli Stati Uniti non richiede sperimentazione umana e controllo dell’Fda, l’organo preposto all’autorizzazione al commercio dei farmaci. L’indagine dunque proseguirà con una fase detta di post-marketing, ovvero di verifiche dopo la commercializzazione, già in corso.

Nonostante ciò, Elysium Health si è impegnata a seguire i severi standard di qualità della produzione farmaceutica. Le pillole sono disponibili unicamente attraverso il sito web, al prezzo fissato di 60 dollari (53 euro) per una fornitura di 30 giorni o di 50 dollari al mese (44 euro), tramite abbonamento.

Se l’uomo funzionasse come un topo sembreremmo dunque vicini all’elisir di eterna giovinezza tanto sognato. Ma sarà così?
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In arrivo pneumatici ricavati dagli scarti del riso

Il fatto di parlare una lingua piuttosto complessa e ricca di sfumature come la nostra, comporta la presenza di anomalie e di infinite discussione riguardo al corretto impiego di aggettivi, sostantivi e articoli: non molto tempo fa, ad esempio, aveva tenuto banco sui maggiori quotidiani un'annosa diatriba relativa all'aggettivo plurale da associare alla parola pneumatici.
Tralasciando per un attimo il fatto che la dicitura corretta sia “gli pneumatici” e non “i pneumatici”, quello che preme realmente ai milioni di acquirenti presenti sul nostro territorio è che le coperture possano un giorno diventare magicamente economiche e magari funzionali ad uno sviluppo industriale meno arrogante e basato sui derivati del petrolio.
Un team di ricerca interno all'azienda americana Goodyear, ubicata in un paese dove l'articolo da impiegare è sempre “the”, per cui si perde meno tempo in quisquilie grammaticali, è a tal proposito quasi riuscito a mettere a punto un innovativa tipologia di pneumatici ottenuti a partire dagli scarti del riso, in modo economico, ecologico e perfettamente funzionale allo scopo prefisso.
Dopo anni di studi, ricerche e tentativi falliti, lo scorso mese di settembre i responsabili della Goodyear hanno fieramente annunciato di aver quasi trovato la quadratura del cerchio (in senso quanto mai letterale) e di essere riusciti a dare vita a coperture ottenute mediante il riciclo della lolla di riso, particolare componente che si ottenere dalla comune lavorazione dei cereali e che, una volta bruciato, dà origine ad ingenti quantità di ossido di silicio, componente funzionale alla realizzazione di pneumatici adibiti al normale utilizzo stradale.
Oltre fornire un notevole implemento in chiave di risparmio alle aziende produttrici, il ricorso ad una fonte alternativa di silicio potrebbe consentire in tempi brevi un'autentica rivoluzione all'interno del settore, derivante dal reimpiego di materiali altrimenti destinati allo scarto e dal fatto che, stando a quanto dichiarano i tecnici Goodyear, le nuove coperture paiono in grado di offrire un ulteriore risparmio in chiave di consumo di carburante.
I pneumatici ricavati a partire dalla buccia di riso dovrebbero garantire infatti una maggiore tenuta di strada ed un implemento di funzionalità, in termini di attrito con l'asfalto, utile a ridurre i consumi della autovetture (se avete provato a partire per le vacanze senza prima aver fatto controllare le coperture, sapete perfettamente cosa intendiamo), andando dunque a costituire una risorsa ecologica ed economica su un duplice versante.

Mentre anche Pirelli sta lavorando ad esprimenti analoghi dall'interno dei suoi stabilimenti in Brasile, auspichiamo dunque un rapido avvento sui mercati delle nuove coperture in grado di ottimizzare durata e consumi: in caso vi troviate a dovere (si spera presto) richiedere i nuovi eco-penumatici al vostro gommista di fiducia e veniste colti da quell'atavico dubbio linguistico, suggeriamo l'impiego del termine “gomme” in sostituzione; la sostanza non cambia e nemmeno il risparmio.
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giovedì 5 febbraio 2015

Google si allea con Twitter: i tweet subito nel motore di ricerca

Google e Twitter tornano insieme. Dopo una falsa partenza cinque anni fa, i due colossi del web hanno raggiunto un accordo che permette ai tweet di 140 caratteri di essere visualizzati dal motore di ricerca non appena pubblicati. La notizia dell’intesa siglata nella giornata di ieri è stata riportata da Bloomberg News e per il momento non è stata confermata dalle due aziende.

L’accordo prevede che i messaggi inviati dai 284 milioni di utenti di Twitter siano visualizzati quasi in diretta sulla pagina dei risultati di Google, senza attendere la scansione del crawler del motore di ricerca. L’obiettivo è di far aumentare il traffico del sito di microblogging, aprendo quindi la piattaforma - così come la pubblicità e la possibilità di sottoscrizione - anche ai navigatori non iscritti.

Twitter, che ha già accordi simili con Bing e Yahoo!, rinnova l’intesa con Big G sottoscritta per la prima volta nel 2009, ma che in realtà non ha mai dato i risultati auspicati e che era quindi stata sciolta due anni dopo. In realtà i dissidi riguardavano anche la visualizzazione dei tweet sulla pagina dei risultati del motore di ricerca e l’utilizzo dei risultati da parte di Google: Twitter voleva soltanto che i messaggi finissero nella pagina dei risultati, mentre il motore di ricerca chiedeva che questi fossero integrati in maniera organica in tutti i suoi prodotti, a partire dal social network Google Plus. Secondo le indiscrezioni di Bloomberg, Google non verserà a Twitter una percentuale sugli introiti pubblicitari generati dal traffico supplementare, ma pagherà un fisso per l’accesso al database dei tweet.


Proprio questa settimana Twitter aveva accelerato sul fronte pubblicitario, siglando per la prima volta accordi con Flipboard e Yahoo Japan per vendere pubblicità al di fuori della propria piattaforma. Questa sera il sito di microblogging comunicherà i risultati del quarto trimestre: le previsioni di Thomson Reuters stimano un balzo dell’87% del fatturato a 453 milioni di dollari nonostante un rallentamento della crescita di nuovi utenti.
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Analisi del sangue in 15 minuti con lo smartphone

Laboratorio 'tascabile' per paesi in via di sviluppo



Poche gocce di sangue, 25 euro, 15 minuti di tempo e uno smartphone: è quanto serve per diagnosticare un'infezione di Hiv o sifilide grazie a un mini-laboratorio ideato per fare le analisi del sangue nei Paesi in via di sviluppo.
A trasformare un vero laboratorio di analisi in un 'accessorio' low-cost simile a un telefonino è la ricerca coordinata da Samuel Sia, dell'Università Columbia, pubblicata sulla rivista Science Translational Medicine.

Fare analisi cliniche, anche basilari, lontani da una struttura organizzata e senza energia elettricaè un impresa quasi impossibile. Per cercare di aiutare i medici che lavorano in regioni povere con alta diffusione di infezioni gravi come quella da Hiv e la sifilide, i ricercatori americani hanno messo a punto un piccolo kit di diagnosi rapida da usare collegandolo ad uno smartphone o a un pc.

E' una piccola 'scatola' che, con una semplice puntura sul dito, preleva poche gocce di sangue per eseguire test clinici in appena 15 minuti. Per alimentare il dispositivo basta collegarlo all'uscita degli auricolari di uno smartphone o di un pc. Il costo è di 25 euro, contro i 15.000 necessari per un'attrezzatura da laboratorio con le stesse caratteristiche.

"Sappiano che una diagnosi precoce su donne incinte può ridurre notevolmente le conseguenze per le madri e i loro bambini", ha spiegato Sia. I primi test sul campo sono stati eseguiti in Ruanda con operatori sanitari che hanno utilizzato il dispositivo per analizzare 96 pazienti e ora i ricercatori puntano a distribuire un gran numero di kit agli operatori che lottano sul campo contro sifilide e Hiv.
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martedì 3 febbraio 2015

WhatsApp: telefonare gratis si può già fare in attesa di poter scaricare WhatsApp beta. Istruzioni

WhatsApp fa sul serio e introduce la chiamate vocali. Per ora siamo ancora nella fase beta, ma c'è l'opportunità di forzare il servizio.
Lo scoop lo ha fatto un utente indiano, che ha pubblicato online le immagini di una interfaccia divisa in tre schede: sezione per le chiamate, sezione per la chat ed elenco dei contatti, oltre a un nuovo pulsante che permetterebbe di avviare una chiamata via Internet. E in Rete il tam tam si è scatenato: sembra quindi imminente il lancio della tanto attesa possibilità di effettuare chiamate vocali con WhatsApp, acquistato da Marck Zuckerberg, CEO di Facebook, per 19 miliardi di dollari. Siamo ancora nella fase beta e per l'approdo a quella definitiva occorre ancora un po' di tempo.
I più impazienti che dispongono dei permessi di amministratore sbloccati possono provare ad attivare il servizio. Tuttavia sono indispensabile l'installazione della versione 2.11.508 (o successive) di WhatsApp e un emulatore per Android. A quel punto, come spiegato nel forum di XDA Developers, occorre aggiungere il codice HTML am start -n com.whatsapp/com.whatsapp.HomeActivity. Si tratta di un espediente dal carattere di provvisorietà che non è funzionante al 100%.

Più in generale il servizio dovrebbe essere inizialmente valido solo per chi è dotato di dispositivi Android. In questo modo il mercato si arricchisce di una nuova opportunità che si affianca ai vari Skype e Viber. Il servizio andrà a fare coppia con WhatsApp Web, la versione per computer del software di messaggistica istantanea. Affinché funzioni è indispensabile che il proprio smartphone rimanga acceso e sia connesso a Internet i(il client web è solo un'estensione del telefono), e utilizzare il browser Google Chrome. Almeno fino a questo momento la possibilità viene negata ai Mac e agli iPhone e rimane riservata ai possessori di uno smartphone equipaggiato con sistema operativo Android o Windows Phone e dei BlackBerry.
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lunedì 2 febbraio 2015

Offerte febbraio 2015 per tariffe cellulari con internet sotto i 10 euro

Oggi la nostra analisi riguarderà le tariffe per cellulari che, solitamente, vengono richieste da coloro che fanno un utilizzo minimo del proprio smartphone ma non vogliono negarsi la possibilità di avere un pacchetto che includa telefonate e navigazione internet. E gli sms? Con l'avvento di whatsapp ormai lo sappiamo: gli sms sono diventati quasi superflui; ma in caso di necessità, se non fossero inclusi nel costo, è sempre possibile inviarli a consumo.
Wind: i pacchetti per cellulari ricaricabili a 10 euro 
Iniziamo con Wind: a 10 euro/mese troviamo All Inclusive ricaricabile che include minuti illimitati verso tutti cellulari wind, 100 sms verso tutti e 1 gb di Internet. Una tariffa più adeguata a coloro ai quali interessa in particolar modo la navigazione è All digital: include 2 Gb di navigazione, 100 minuti verso tutti, sms illimitati, scontata a €10 (anziché 14) a patto che per ricaricare il cellulare e per richiedere assistenza vengano usate la app Mywind o il sito internet dell'operatore. Cosa succede se "mi dimentico" e ricarico dal tabaccaio, oppure chiamo l'155? Niente di grave: il mese successivo decadrà lo sconto e saranno scalati dal credito residuo €14.
I piani tariffari Tim a 10 euro/mese 

L'offerta di Tim delle tariffe dedicate agli smartphone vede - purtroppo - prezzi uguali o inferiori a 10 euro solo per un pacchetto rivolto a chi ha un'età compresa fra 12 e 30 anni. Tim Young&Music costa 9 euro/mese, include 1000 sms e 1 Gb di navigazione lte (4G); lo streaming di musica effettuato tramite la app dedicataTIMmusic non consuma il monte Gb di navigazione che, fino al 30/4/15, non viene eroso neanche per l'utilizzo di Facebook e Whatsapp tramite i canali/app ufficiali.
Cosa significa che il monte minuti "non viene eroso"? Significa che se, ad esempio, utilizzate facebook e il traffico generato ammonta a 500 Mb, questi mega non vengono decurtati dal giga incluso nel pacchetto (attenzione che non è così se il proxy per la navigazione è blackberry, nokia xpress o opera mini).
Tutte le informazioni contenute nell'articolo fanno riferimento a tariffe in vigore al 2 febbraio e sono puramente indicative; prima di procedere nell'attivazione verificate con l'operatore l'eventuale variazione nelle promozioni. 
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mercoledì 21 gennaio 2015

Tutti i modi con cui il multitasking ci rovina (davvero) il cervello

Il Quoziente Intellettivo si abbassa anche di 10 punti. ll neuroscienziato Daniel J. Levitin esamina gli «effetti collaterali» del sovraccarico di stimoli da email, sms e social.

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I cantori delle meraviglie del multitasking sono avvisati: l’epopea del fare tutto e possibilmente in contemporanea non è cosi mitica come si crede. Non lo è almeno per il nostro cervello. Non è la prima volta che gli studi scientifici si occupano — e si preoccupano — degli effetti collaterali del sovraccarico di stimoli e di richieste sulla nostra “centrale di controllo”. Adesso lo ribadisce il neuroscienziato Daniel J. Levitin , direttore del Laboratory for Music, Cognition and Expertise alla McGill University e autore del libro “The Organized Mind: Thinking Straight in the Age of Information Overload.” (“La mente organizzata: restare lucidi nell’era dell’eccesso di informazione”, ndr) in un articolo pubblicato sulle pagine scientifiche del quotidiano britannico The Guardian: il multitasking ci rende meno efficienti e comporta un vero e proprio esaurimento delle funzioni cerebrali. «Stiamo facendo i lavori di 10 persone diverse, cercando anche di tenere il passo con la nostra vita, i nostri figli e genitori, i nostri amici, le nostre carriere, i nostri hobby, e le nostre programmi televisivi preferiti», scrive Levitin.
Non siamo giocolieri esperti
È ormai esperienza quotidiana:non c’è momento della nostra giornata in cui non “messaggiamo”, leggiamo la posta, “chattiamo” sulle varie piattaforme messe a disposizione dalla tecnologia. «Ma c’è un unico neo — ci spiega il professor Levitin— . Anche se pensiamo di fare diverse cose contemporaneamente, questa è una illusione potente e diabolica. Earl Miller, un neuroscienziato del MIT e uno dei massimi esperti mondiali di attenzione divisa, dice che il nostro cervello “non è cablato bene per il multitasking ... Quando la gente pensa di fare multitasking, in realtà sta solo passando da un compito a un altro molto rapidamente . E ogni volta che lo fa, c’è un costo cognitivo». Quindi non stiamo in realtà tenendo un sacco di palle in aria come un giocoliere esperto, assomigliamo piuttosto a un dilettante scarso che fa girare i piatti, passando freneticamente da un compito all’altro, ignorando quello che non è proprio davanti a noi, ma preoccupati che crollerà da un momento all’altro. Anche se pensiamo che stiamo facendo un sacco di cose, ironia della sorte, il multitasking ci rende palesemente meno efficienti».
Il circolo vizioso della dopamina
I meccanismi innescati dall’attività frenetica giocata su più “tavoli” sono stati ampiamente studiati .« Si è visto che il multitasking aumenta la produzione di cortisolo, l’ormone dello stress, e di adrenalina, l’ormone del “lotta o scappa”, che può stimolare eccessivamente il cervello e causare annebbiamento o pensieri disturbati — racconta Levitin —. Il multitasking crea un circolo vizioso di dipendenza dalla dopamina, premiando effettivamente il cervello a perdere la concentrazione e a cercare stimoli esterni. A peggiorare le cose, la corteccia prefrontale ha una “distorsione da gadget”, il che significa che la sua attenzione può essere facilmente distratta da qualcosa di nuovo - gli oggetti luccicanti proverbiali che usiamo per invogliare i bambini, cuccioli e gattini. L’ironia qui per quelli di noi che stanno cercando di mettere a fuoco tra le attività in concorrenza è chiaro: la regione del cervello di cui abbiamo molto bisogno di fare affidamento per rimanere concentrati sul compito è facilmente disturbata. Rispondere al telefono, cercare qualcosa su internet, controllare la posta, inviare un Sms: e ognuna di queste cose modifica i centri del cervello deputati alla ricerca della novità e della ricompensa, provocando uno scoppio di oppioidi endogeni tutto a scapito della nostra concentrazione sul compito da svolgere».
L’ info-mania rende meno intelligenti
Secondo l’autore , anche la semplice opportunità di fare più cose contemporaneamente è dannosa per le prestazioni cognitive. «Glenn Wilson, ex docente a contratto di psicologia presso Gresham College di Londra, lo chiamainfo-mania . La sua ricerca — scrive Levitin — ha scoperto che trovarsi in una situazione in cui si sta cercando di concentrarsi su un compito e si ha una e-mail non letta nella posta in arrivo, può ridurre il QI (Quoziente Intellettivo) effettivo di 10 punti. E anche se le persone attribuiscono molti benefici per la marijuana, tra cui una maggiore creatività e riduzione del dolore e lo stress, è ben documentato che il suo ingrediente principale, il cannabinolo, attiva i recettori cannabinolici dedicati nel cervello e interferisce profondamente con la memoria e con la nostra capacità di concentrarsi su diverse cose contemporaneamente. Wilson ha mostrato che le perdite cognitive da multitasking sono ancora superiori alle perdite cognitive dei fumatori di cannabis».
Le informazioni «deviate»
Levitin cita poi Russ Poldrack, neuroscienziato a Stanford, secondo il quale nel processo di apprendimento mentre si fa multitasking le nuove informazioni sono dirette verso la parte sbagliata del cervello. «Se ad esempio gli studenti studiano e guardano la TV allo stesso tempo — racconta Levitin —, le informazioni acquisite dai loro compiti si indirizzano al corpo striato, una regione specializzata nella memorizzazione di nuove procedure e competenze, non di fatti e idee. Senza la distrazione della TV,invece, le informazioni raggiungono l’ippocampo, dove vengono organizzate e classificate in una varietà di modi, rendendo più facile recuperarle. Earl Miller del Massachusetts Institute of Technology aggiunge, «La gente non può fare multitasking molto bene, e quando dice che possono, stanno illudendo se stessi. E si scopre che il cervello è molto bravo in questo business dell’illusione» .
I costi sul metabolismo
Poi ci sono i costi metabolici . Chiedere al cervello di spostare l’attenzione da un’attività all’altra costringe la corteccia prefrontale e il corpo striato a bruciare il glucosio ossigenato, lo stesso combustibile du cui hanno bisogno per restare concentrati sui compiti . «E il tipo di spostamento rapido e continuo che operiamo con il multitasking — spiega Levitin —fa sì che il cervello bruci il combustibile così rapidamente che ci sentiamo esausti e disorientati dopo anche per breve tempo. Abbiamo letteralmente impoverito i nutrienti nel nostro cervello. Questo porta a compromessi in termini di prestazioni cognitive e fisiche. Tra le altre cose, il cambiamento ripetuto dei compito porta ad ansia, che aumenta i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress nel cervello, che a sua volta può portare a un comportamento aggressivo e impulsivo. Al contrario, la concentrazione sul compito è controllata dal cingolo anteriore e dal corpo striato, e una volta che attiviamo la modalità esecutiva centrale, rimanere in quello stato comporta un minore utilizzo di energia rispetto al multitasking e di fatto riduce la necessità di glucosio per il cervello». Uno studio del 2013 condotto dalla Michigan State University aveva già messo in guardia sulla possibile associazione del multitasking digitale ad ansia e depressione, senza però chiarire se sia il disagio psicologico a portarci a cercare distrazione nel sovraccarico digitale o siano tablet e cellulari a provocare il malessere.
Il corto circuito delle decisioni
C’è poi il problema delle decisioni da prendere che nel multitasking viene amplificato a dismisura causando una specie di corto circuito. «Questa incertezza — afferma Levitin— manda in tilt il nostro rapido sistema di categorizzazione percettiva, è causa di stress, e porta al sovraccarico di decisione. Si scopre che il processo decisionale ha un impatto anche sulle risorse neurali e che le piccole decisioni sembrano prendere tanta energia quanto quelle grandi . Una delle prime cose che perdiamo è il controllo degli impulsi. Si innesca rapidamente uno stato di impoverimento in cui, dopo aver preso un sacco di decisioni senza senso, rischiamo di finire con il decidere davvero male su qualcosa di importante». Questo vale per le email, ormai dilaganti, e a maggior ragione per gli Sms che creano una dipendenza più sottile. «Si risponde e ci si sente ricompensati per aver portato a termine un compito (anche se questo compito era del tutto sconosciuto a solo 15 secondi prima). Ognuno di questi Sms trasporta un “proiettile” di dopamina».
Una ricompensa buona da morire
I topi lo hanno dimostrato molto bene. « In un famoso esperimento — sottolinea Levitin — , i miei colleghi della McGill Peter Milner e James Olds, entrambi neuroscienziati, hanno piazzato un piccolo elettrodo nel cervello dei topi, in una piccola struttura del sistema limbico chiamata nucleo accumbens. Tale struttura regola la produzione di dopamina ed è la regione che si “illumina” quando i giocatori d’azzardo vincono una scommessa, i tossicodipendenti prendono la cocaina, oppure quando si ha un orgasmo. Olds e Milner lo hanno chiamato il centro del piacere. Una leva nella gabbia permette ai topi di inviare un piccolo segnale elettrico direttamente ai loro nucleo accumbens. Ebbene ai topi piaceva a tal punto da non fare nient’altro. Hanno dimenticato del tutto di mangiare e dormire. Molto tempo dopo avevano fame e hanno ignorato il cibo gustoso in cambio della possibilità di premere quella piccola leva cromata; hanno anche ignorato il sesso. I ratti appena premuto la leva più e più volte, fino a che sono morti di fame e di stanchezza. Ci ricordano qualcosa? Un uomo di 30 anni è morto a Guangzhou (Cina) dopo aver giocato i videogiochi ininterrottamente per tre giorni . Un altro uomo è morto a Daegu (Corea) dopo aver giocato ai videogiochi quasi ininterrottamente per 50 ore, bloccato solo perché è andato in arresto cardiaco» .
Twitter e Facebook
Strumenti come Twitter o Facebook agiscono alla stessa maniera. «Ogni volta che inviamo una e-mail in un modo o nell’altro, proviamo un senso di realizzazione, e il nostro cervello riceve un pizzico di ormoni-i ricompensa che ci dicono abbiamo realizzato qualcosa — conclude Levitin — . Ogni volta che controlliamo un o “tweet” su Twitter o un aggiornamento di Facebook, incontriamo qualcosa di nuovo , ci sentiamo più connessi socialmente e otteniamo un’altra cucchiaiata di ormoni -ricompensa. Ma ricordate, è la parte muta e sempre affamata di novità del cervello che guida il sistema limbico, a indurre questa sensazione di piacere, non i centri del pensiero di livello superiore posti nella corteccia prefrontale. Non commettete errori: controllare email-, Facebook- e Twitter costituisce una dipendenza neurale».


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