Lo studio pubblicato su
Science è stato elaborato su modelli matematici e analizzando 31 differenti
tipi di neoplasie: solo in 9 di essi è stato trovato un collegamento diretto
con le abitudini e le condizioni del malato. L'esito suggerisce che si debbano
aumentare gli sforzi per progredire sulle diagnosi precoci
In molti casi ammalarsi di
cancro è solo un fatto di sfortuna e non di stile di vita. Riassunta così, la
conclusione della ricerca condotta alla Johns Hopkins School of Medicine del
Maryland potrebbe apparire sconvolgente da un punto di vista scientifico perché
controcorrente rispetto a tutto quanto da anni ripetonostudiosi e medici. Eppure è proprio quello che sostengono i due
ricercatori che hanno elaborato lo studio pubblicato sulle pagine del
prestigiosa rivista "Science".
Due terzi dei
tumori sarebbero infatti dovuti a mutazioni legate al puro caso, intendendo con
ciò tutto quello che l'uomo e la scienza non sono ancora riusciti a spiegare,
piuttosto che a stili di vita sbagliati come il fumo. Solo un terzo sarebbe
invece legato a fattori ambientali o predisposizioni ereditarie. In sintesi, il
66% dei tumori è pura sfortuna, ossia sembrano apparentemente incomprensibili
perché si verificano in assenza di comportamenti a rischio. Questa 'certezza'
non cancella il fatto che gli stili di vita sbagliati aumentino il rischio di
ammalarsi: il fumo da solo, ad esempio, resta il responsabile del 20% dei casi
di cancro in tutto il mondo. Lo stesso vale per l'eccessiva esposizione al
sole, bere troppo alcol o essere sovrappeso.
Gli autori della
ricerca sono il genetista Bert Vogelstein e il matematico Cristian Tomasetti
che hanno analizzato 31 differenti tumori e, seguendo dei modelli matematici,
sono arrivati al seguente risultato: solo 9 sono risultati essere collegati
allo stile di vita o a difetti genetici; i restanti 22 erano
"principalmente collegati alla sfortuna: il Dna o come viviamo hanno solo
un piccolo impatto", evidenziano i ricercatori.
Tra le neoplasie
collegate alla 'cattiva sorte', la ricerca inserisce quelle localizzate in
alcuni organi e tessuti: cervello, testa-collo, tiroide, esofago, polmone,
osso, fegato, pancreas, melanoma, ovario e testicolo. Su alcune forme tumorali
i ricercatori evidenziano invece come il fumo, gli effetti del sole, delle
radiazioni, di un eccessivo consumo di carne e fattori genetici possano avere
un effetto scatenante (ad esempio tumore al polmone, fegato e gola).
Il lavoro di
Vogelstein e Tomasetti si è concentrato sulle staminali, cellule che si possono
differenziare in diversi tipi di tessuti a seconda delle esigenze. Proprio a
causa della loro longevità, una mutazione nelle staminali può avere conseguenze
molto più deleterie rispetto a quando ciò accade in una cellula comune.
Gli scienziati
hanno contato le mutazioni casuali che possono avvenire durante una divisione
cellulare, lasciando da parte altre cause (geni difettosi ereditati o di tipo
ambientale come il fumo o la presenza di radiazioni). Il sistema matematico
elaborato dai ricercatori ha evidenziato che all'aumentare del numero di
divisioni cellulari aumenta il rischio che si sviluppi un tumore.
Secondo gli
scienziati, dunque, in molti casi non è possibile prevenire i tumori, ma se
resta ferma il valore della prevenzione generale, la ricerca dovrebbe
concentrarsi però soprattutto sulla diagnosi precoce per bloccare il cancro nei
primi stadi di sviluppo e quando la soluzione chirurgica può essere decisiva.
Lo studio, che
lascia fuori dall'analisi un terzo delle neoplasie conosciute per le quali le
cause sono particolari predisposizioni genetiche e ambientali molto pericolose,
è comunque un lavoro di tipo statistico e quindi andrà verificato con altre
ricerche.