domenica 25 marzo 2012

Per un bicchiere di vino Nobile basta pedalare

Al Vinitaly di Verona la Salcheto, prima cantina 'off-grid'

Roma, 23 mar. - (Adnkronos) - Per un bicchiere di vino Nobile di Montepulciano basta pedalare per un minuto, per quello di Rosato al fresco ce ne vorranno uno e mezzo. Succede al Vinitaly di Verona, in programma dal 25 al 28 marzo, dove per il proprio stand- laboratorio l'azienda agricola Salcheto ha scelto solo candele per l'illuminazione e una lavabicchieri modificata per essere alimentata a idrogeno.
''Abbiamo scelto di riportare nello stand della fiera quelle soluzioni che sono state le protagoniste della rivoluzione ambientale che ha trasformato la nostra cantina nel primo caso di cantina 'off-grid' ossia scollegata dalle reti energetiche" spiega Michele Manelli, dell'azienda agricola Salcheto. Per raggiungere questo risultato "abbiamo lavorato su un progetto integrato che ha messo in campo numerose tecnologie e soluzioni di risparmio energetico ed energie rinnovabili.''
Ad esempio il riscaldamento della cantina avviene utilizzando le biomasse raccolte in vigna, il raffreddamento con un sistema di geotermico con le sonde che corrono lungo i filari, innovativi collettori solari portano la luce naturale sottoterra, fin nelle sale di invecchiamento e tutta la lavorazione del vino avviene a caduta, evitando le pompe elettriche. Per raggiungere questo risultato l'azienda agricola ha promosso un Gruppo di Lavoro multidisciplinare che ha supportato Salcheto nella certificazione delle emissioni di Co2 legate alla produzione, confezionamento e trasporto di una bottiglia di vino.
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venerdì 23 marzo 2012

Qual è l'impronta ecologica di un'e-mail?

Meno di una lettera cartacea, ma anche i messaggi di posta elettronica incidono sull'ambiente. Come fare per ridurne l'impatto?

Sono economiche, comode, immediate e ne inviamo ogni giorno a decine. Ma anche le e-mail, nel loro piccolo, inquinano. Molto meno, intendiamoci, di una lettera cartacea (ogni messaggio di posta elettronica consuma un sessantesimo di un foglio spedito e imbustato), se non fosse che abbiamo un ritmo di spedizione mail 60 volte più alto rispetto a quello che avevamo nel recapitare lettere quando la posta elettronica non era ancora stata inventata. 
Le stime dell'impronta ambientale delle e-mail portano spesso a risultati discordi: calcolare l'impatto di un messaggio "virtuale" non è facile, perché occorre considerare il percorso che questo compie attraverso i vari server di Rete che lo condurranno a destinazione. Uno studio dell'Agenzia francese per l'ambiente ed il controllo energetico (Ademe) pubblicato a luglio dimostra che nella serie di passaggi tra l'invio e la ricezione di un messaggio di un megabyte vengono emessi in media 19 grammi di CO2. Potrebbe sembrare poco, ma considerando che in media, ciascuna delle auto immatricolate in Europa nel 2010 ha prodotto 140 grammi di CO2 per chilometro percorso, spedire 8 mail equivale a guidare un'auto per un chilometro. E senza allontanarsi dalla scrivania.

Più un'e-mail è pesante, più inquina, perché maggiore è il tempo trascorso nella lettura. In base a una ricerca del 2010, i cui risultati sono stati pubblicati dal sito del Guardian, un'e-mail di spam produce 0,3 grammi di anidride carbonica, una con un lungo allegato (di quelli noiosi da leggere!) 50 grammi. I messaggi inutili, che cestiniamo ancora prima di leggere, sembrerebbero quindi anche i più innocui. Ma dei 250 miliardi di e-mail inviate ogni giorno del mondo, circa l'80% è costituito di spam. Per ridurre il nostro impatto ambientale in ufficio, quindi, possiamo iniziare con il rinunciare alle mail non necessarie. Meglio - e meno alienante - fare due chiacchiere in più di persona. E nei momenti di pausa, al posto che navigare in Rete senza meta, uscite a fare due passi. Anche se la ricerca di una parola chiave su Google genera una ridotta quantità di anidride carbonica: appena 0,2 grammi di CO2, in base alle stime divulgate dall'azienda. (Focus.it)
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Come trasformare un foglio A4 in un apribottiglie

La carta ha proprietà straordinarie e applicazioni sorprendenti, che puoi scoprire sul numero 234 di Focus. Per esempio, sapevate che un comunissimo foglio per fotocopiatrici può diventare un apribottiglie? Ecco come!



Sottile, leggero, quasi... impalpabile. Eppure un foglio di carta può diventare robusto al punto da trasformarsi in un apribottiglie di fortuna. Basta piegarlo nel modo giusto e il risultato è garantito. Non ci credete? Date un'occhiata al video. Nel numero 234 di Focus, in edicola dal 23 marzo, un articolo dedicato completamente alle straordinarie proprietà della carta. (Focus.it)
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giovedì 22 marzo 2012

Google Street View dentro il polmone della Terra

Roma, 22 mar. - (Ign) - Un giro nel polmone verde della Terra. Oggi è possibile attraverso Street View, l'applicazione di Google che permette di visitare virtualmente alcuni siti del nostro pianeta con fotografie panoramiche in 3D. La Foresta Amazzonica è l'ultimo progetto già navigabile online annunciato dal colosso di Mountain View sul proprio blog ufficiale.
Un progetto - nato in collaborazione con l'organizzazione no profit Fundação Amazonas Sustentável (FAS) che si batte per preservare il bacino dell'Amazzonia - che ha richiesto mesi di lavoro. E' stata così filmata e mappata un'ampia area della Riserva del Rio Negro, comprese le zone solitamente inaccessibili ai turisti. I mezzi di Google - montati su biciclette e barche della gente del posto - hanno poi ripreso la comunità di Tumbira e altri piccoli villaggi intorno ai quali la flora e la fauna (fotografate) lasciano letteralmente a bocca aperta.
Per rendere il progetto visibile online a 360 gradi in tutto sono scattate circa 50 mila fotografie con apparecchiature sofisticate. Una grande sfida , così come era stata definita da Google, che oggi va ad arricchire l'archivio di Street View.
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mercoledì 21 marzo 2012

Giornata Mondiale dell'Acqua 2012

Roma, 21 mar. - (Adnkronos) - La Giornata mondiale dell'acqua (domani, 22 marzo) compie vent'anni da quando nel 1992 le Nazioni Unite ne raccomandarono la sua istituzione. Oggi sulla terra vivono 7 miliardi di persone che si prevede arriveranno a 9 miliardi nel 2050. Le statistiche dimostrano che tutte le persone bevono da 2 a 4 litri di acqua al giorno, ma la maggior parte dell'acqua assimilata è all'interno degli alimenti che vengono consumati: per produrre 1 chilo di carne bovina, per esempio, sono necessari 15.000 litri d'acqua, 1.500 litri per un chilo di grano.
Secondo l'Associazione UNWATER che promuove la giornata mondiale, sono oltre un miliardo le persone che non hanno accesso all'acqua potabile e, benchè il rapporto "Progress on Drinking Water and Sanitation 2012'', sostenga che nel 2012 con oltre 2 miliardi le persone che hanno avuto accesso con maggiore facilità a fonti di acqua potabile sia stato superato dell'1% l'obiettivo del piano di potabilizzazione mondiale, la strada da percorrere è ancora lunga.
Secondo l'Associazione è infatti necessario che si attui una seria politica di risparmi, cominciando dai consumi che dovrebbero essere indirizzati verso prodotti che fanno del'acqua un uso meno intensivo, ed evitando lo spreco di cibo che nei paesi ricchi arriva fino al 30% di quello prodotto.
Quanta acqua è contenuta in ciò che mangiamo? Produrre un pomodoro richiede 13 litri di acqua, una fetta di pane 40 litri, 100 grammi di formaggio 500 litri, un hamburger 2.400 litri d'acqua. E per quanto riguarda l'abbigliamento, per realizzare una T-shirt servono 2.000 litri d'acqua, per un paio di scarpe di cuoio 8.000 litri. Il consumo d'acqua virtuale giornaliero per alimentarsi varia da circa 1.500-2.600 litri nel caso di una dieta vegetariana a circa 4.000-5.400 litri per una ricca di carne.
Per misurare l'impronta idrica dei singoli alimenti, il Barilla Center for Food & Nutrition ha ideato il modello della doppia piramide alimentare e idrica, che mette in relazione la tradizionale piramide alimentare con il relativo impatto dei suoi componenti: questa comparazione mostra come gli alimenti della dieta mediterranea abbiano il minore impatto in termini di consumo di risorse idriche.
Allo stesso tempo, quei cibi per cui la piramide alimentare consiglia un consumo moderato risultano essere quelli con la più alta impronta idrica. La doppia piramide alimentare e ambientale e la piramide alimentare e idrica sono state selezionate ed esposte dal comitato del World Water Forum di Marsiglia tra i migliori modelli alimentari per la salvaguardia dell'ambiente e delle risorse idriche.
Adottare abitudini alimentari maggiormente "idrovore", ad esempio troppo ricche in grassi e zuccheri, risulta essere negativo non soltanto in termini di salute per l'uomo, ma anche per il benessere del pianeta, dove attualmente 1 persona su 6 può contare su meno di 20 litri d'acqua dolce al giorno, fabbisogno minimo giornaliero pro capite per assicurare i bisogni primari legati all'alimentazione e alle condizioni igienico-sanitarie e 1 miliardo di persone non ha accesso a risorse idriche sufficienti secondo i dati della Fao.
L'impronta idrica, o water footprint, è un indicatore utile per misurare l'impatto di ciascun prodotto (commodity, bene o servizio) sulle risorse idriche del pianeta, prendendo in considerazione il contenuto d'acqua virtuale di un prodotto, costituito dal volume d'acqua dolce consumata direttamente o indirettamente per realizzarlo, e calcolato sommando tutte le fasi della catena di produzione.

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Benzina addio, al volante dell' elettrica Twizy da 7mila euro

La Renault ci ha abituato alle novità e all'innovazione, come è stato per la Renault 5 con i paraurti integrati, o per i motori turbo, ma soprattutto non è la prima volta che "inventa" un nuovo segmento, come ci ricorda l'Espace, la prima monovolume, seguita dalla più compatta Scénic e da Twingo, la prima "monovolume" del segmento A. Ora è la volta di Twizy, un concetto unico nel suo genere sviluppato in tempi brevi da Renault Sport Technologies, tanto da essere stata presentata come prototipo nel 2009 al Salone di Francoforte e ora è pronta per il debutto nelle concessionarie.

Il prezzo è quello che era stato anticipato: si parte da 6.990 euro per la Twizy 45 (la meno potente) e da 7.800 per la Twizy. A questo bisogna aggiungere il noleggio della batteria che parte da 50 euro/mese per 36 mesi e una percorrenza di 7.500 km /anno, ma ci sono altre formule personalizzabili a seconda delle esigenze del cliente.

Non è un'auto, ma neppure uno scooter, sebbene tecnicamente appartenga alla "specie" dei quadricicli. In Renault l'hanno definita una Urban Crosser, per le sue caratteristiche a metà strada tra i due veicoli dai quali trae origine. È più sicura di uno scooter, grazie alla sua gabbia di sicurezza che protegge guidatore e passeggero anche nel crash test eseguito dalla Casa francese a 50 km/h, ed è pure più protettiva nei confronti delle intemperie, ma non quanto una "mini-car", microcar o "macchinetta" come sono definiti comunemente i quadricicli, con i quali, poi, alla fine si deve confrontare sul mercato.

Già il mercato, abbiamo imparato che oggi tutto si muove attorno ad esso: attualmente la capacità produttiva dell'unica fabbrica Renault dove viene prodotta la Twizy, a Valladolid in Spagna, assieme a Clio e Modus ma in capannone separato, è di circa 25.000 unità all'anno, una stima rivista al ribasso secondo il management di Parigi. Per l'Italia non ci sono valutazioni, tuttavia si parla di "qualche migliaia", d'altro canto mediamente si vendono annualmente 5.000 microcar e 150.000 scooter e, nel mezzo, si posiziona la Twizy.

Inoltre, fattore da non sottovalutare, la Twizy è un veicolo a trazione interamente elettrica e presenta notevoli vantaggi nell'uso prevalentemente urbano. In più, l'interesse per i veicoli elettrici sta crescendo, in virtù dell'aumento esponenziale del prezzo dei carburanti, ad iniziare dalla benzina che ormai ha sfondato il tetto psicologico dei 2 euro al litro.

Tutte rose, dunque? Invece no! Realizzata come sostitutivo dello scooter, Twizy nasce senza porte laterali (per le quali si paga a parte un fee di ben 600 euro). Belle dal punto di vista estetico e scenografiche nell'apertura a ventaglio, ma costose. Inoltre non sono completamente chiuse: "per migliorare l'aerazione ed evitare la necessità di avere un sistema di ventilazione", ma in pratica costringono i due occupanti ad un abbigliamento di tipo motociclistico, soprattutto in caso di pioggia, perché dentro entra l'acqua e si bagnano i sedili. La visibilità in retromarcia è piuttosto ridotta, limitata ai soli due specchi retrovisori laterali, ma a venire in aiuto ci sono i sensori di parcheggio (anche questi a pagamento). Tra le cose da rivedere prima della vendita ai clienti, ci sarebbero due dettagli: le luci restano accese anche quando si spegne il veicolo e nessun cicalino avverte il guidatore (con il rischio di penalizzare la batteria principale), come pure manca un segnale visivo o acustico che ricorda di allacciare le cinture a quattro punti.

Per contro, le dimensioni estremamente compatte -è lunga 2,34 m e larga 1,24 m e ha un baricentro molto basso dovuto alla posizione della batteria sotto il sedile del guidatore- la rendono agile e nello stesso tempo molto stabile, con una tenuta di strada da fare invidia a qualsiasi scooter, grazie alle quattro ruote disposte agli angoli del veicolo. Nello spazio dove parcheggerebbe un'auto tradizionale possono accomodarsi ben tre Twizy, tuttavia la sua funzione è quella di muoversi e con una buona accelerazione, per giunta. Da ferma arriva a 45 km/h in 6.1 secondi, e ne impiega 9.9 la versione 45 (paragonabile ad uno scooter 50cc), e anche la ripresa è brillante, merito dell'efficiente motore elettrico. La frenata è molto efficace, per la leggerezza del veicolo che non supera i 450 kg, per il sistema di recupero dell'energia in frenata, una tecnologia di Magneti Marelli sviluppata da Renault in F.1 (il famoso Kers/Srec, il sistema di recupero dell'energia cinetica) e per la presenza di quattro freni a disco. Il telaio è stato "pensato" dal Reparto Renault Sport Technologies, e trattandosi di un veicolo molto speciale, la cella di sicurezza si comporta come un gigantesco per "casco" per i due occupanti lasciando loro il più ampio contatto con l'ambiente esterno. Ci sono airbag e cintura a 4 punti per il guidatore, e cintura a tre punti per il passeggero che è più protetto nella parte posteriore della scocca. Lo sviluppo di Twizy beneficia di tutta l'esperienza Renault in tema di sicurezza: crash test, dimensionamento digitale, l'omologazione ai banchi del centro prove del Gruppo a Lardy (regione di Parigi), migliaia di chilometri di test a grandezza reale. Sempre di RS Technologies è lo sviluppo del motore elettrico posto in posizione posteriore centrale per governare direttamente la trazione posteriore, e pure la batteria è costruita in casa, da Renault, proprio a Valladolid. L'autonomia omologata di Twizy va da 100 km a 120 km (per la Twizy 45), ragionevolmente si riescono a percorrere fino a 80 km viaggiando con la versione più potente anche fuori città, ma se si adotta una guida particolarmente aggressiva e "sciupona" scende a 55 km. La ricarica avviene con il caricabatteria "on board" nella parte anteriore dove aprendo uno sportellino si può estrarre il cavo lungo circa 3 metri. Il collegamento è facilissimo, è sufficiente una presa comune da 220 Volt anche di soli 10A e in 3 ore e mezza si riesce a fare un "pieno d'energia", con un costo attorno ad un euro. E la Twizy è pronta a percorrere ancora 80-100 km.

Il comfort, mai eccessivo, nella Twizy è assicurato dalle semi-porte e dai numerosi vani presenti, come i due ripostigli sul cruscotto, con quello a sinistra che contiene una presa da 12 volt e quello di destra chiudibile con la chiave, come il posteriore da 31 litri, messo dietro lo schienale del passeggero. Il display digitale in posizione centrale sul cruscotto mostra la velocità, consumo istantaneo, l'ora e l'autonomia residua, calcolata con un algoritmo in base allo stile di guida tenuto nei chilometri già percorsi.

Gli allestimenti disponibili per l'Italia, dal prossimo 31 marzo, il giorno del lancio, sono tre: Urban con quattro colorazioni alla base della gamma; Color con i copri cerchi bianchi e Stickers colorati; e Technic , bicolore con i cerchi in lega diamantati, il guscio del sedile bianco e vernice metallizzata di serie. I colori variano dal bianco, al nero, al rosso, o anche bicolore, inoltre è possibile una personalizzazione quasi totale. Twizy, pur disponendo dello stesso motore e della stessa batteria è disponibile con due livelli di potenza riconoscibili dalla denominazione Twizy 45, per essere guidata anche a 14 anni con il patentino, che ha una velocità massima limitata a appunto a 45 km/h, e semplicemente Twizy (equiparata ad un 125 cc) per la quale occorre la patente A, A1 o B e non può percorrere autostrade e tangenziali.

Tra gli accessori si trovano il Kit audio/telefono viva voce della Parrot, lo zaino estraibile da 50 litri per la spesa, il wind cover (la copertina) per il comfort termico, i sensori di parcheggio posteriori e l'allarme antifurto. (di Marina Terpolilli tratto da il Sole24ore)
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martedì 20 marzo 2012

Pirate Bay: "I server? Nello spazio a bordo dei droni"

Roma, 20 mar. (Ign) - Pensate a un drone, gli aerei spia che fanno notizia quando vengono abbattuti. Piccoli velivoli, senza pilota, che le grandi potenze occidentali (ma ci sono anche quelli russi, cinesi e israliani) mandano al di là delle linee nemiche per scattare foto a siti militari, a postazioni segrete, a centrali nucleari. Di solito li vediamo 'veleggiare' con la stella americana, nei cieli del Medio Oriente. Con i guardiani della rivoluzione iraniana pronti ad abbatterli e a mostrarli come trofei. Oppure in Afghanistan, a spiare i talebani. O in Iraq.
Ora immaginiamoli con uno stemma che rappresenta un vascello pirata con tanto di bandiera, con teschio e ossa incrociate. Non più aerei-spia ma nascondigli per i server 'illegali' di Pirate Bay, i pirati del web svedesi, più volte condannati per file-sharing illegale. E più volte chiusi. Con i loro server oscurati, sia dagli Usa che dalle autorità europee, che danno la caccia a chi viola le leggi del copyright. Peter Sunde, Fredrik Neij, Gottfrid Svartholm e Carl Lundström, i capi dei pirati della baia, già condannati a 10 mesi di carcere e a un risarcimento di 6,8 milioni di dollari non si arrendono. E si preparano a una nuova sfida senza confine. Che ora potrebbe spostarsi all'insù, cioé nello spazio, dove, spiegano i pirati scandinavi sul loro blog di piratebay.se, "presto sposteremo i nostri server".
L'idea lanciata di sembra un po' stravagante, e forse rappresenta solo una provocazione. Ma non mancano i dettagli: "Computer mini da montare sui droni, come i Raspberry Pi, un single-board pc sviluppato nel Regno Unito e appena uscito sul mercato, Gps, collegamento radio con portata fino a 50 km e trasmissioni a 1000 megabit. Il tutto da mandare in cielo grazie ai droni. E poi vediamo, sembrano dire i pirati, se gli Stati Uniti dell'Arroganza, come chiamano gli Usa, riusciranno a chiuderci anche questi.
C'è già il nome per i futuri droni volanti: Low Orbit Server Station (Centro Server di orbita inferiore). Un nome che richiama il Low Orbit Ion Cannon (Cannone Ionico di orbita inferiore). Il 'cannone' di Anonymous, gli hacker attivisti in campo per la libertà della rete, che hanno utilizzato negli scorsi mesi questo software per violare tanti siti, da quello del Vaticano a quelli della Ue, fino a quello della Alleanza atlantica.
Tantissimi i commenti nel blog dei cybernauti. Tutti entusiasti. Con tanti complimenti per la trovata e qualche consiglio, come quello di 'mirogster' che scrive: "Sarebbe meglio mandare in orbita i politici corrotti, piuttosto che i server". Oppure di chi preferisce mandare i server non in cielo, ma in mare: "Fate come i pirati olandesi di Radio Veronica", scrive 'salazam1'. E c'è anche chi propone le mongolfiere. C'è poi chi si rallegra ("farò il download dallo spazio, che cosa bella!!!"). Qualcuno infine è sfiorato dal dubbio: "Non è troppo presto per il pesce d'aprile?", scrive 'WallaceII'.
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L'ultimo palco di Ivano Fossati

Il cantautore genovese ritorna a casa dopo un viaggio durato quattro decenni e diciotto dischi, capace di segnare non solo il nostro tempo con canzoni divenute bandiere di un'epoca, ma anche la storia politica di questo Paese: "Non preoccupatevi, da domani potrete finalmente suonare quello che vi pare"


Chi si aspettava lacrime e rimpianti, è rimasto deluso, perché l'ultimo concerto di Ivano Fossati ieri sera al Piccolo di Milano, è stato all'opposto in linea con la carriera quarantennale del cantautore genovese: intenso, poetico e decisamente sobrio, con un'unica concessione al termine delle oltre tre ore di musica quando, da due cannoni ai lati del palco, sono stati sparati in aria coriandoli luminosi.

Sul palco, tra gli applausi e i boati del pubblico, se ne stava in piedi lui, arrivato al termine di questo lungo addio durato cinque mesi con una lucidità e una determinazione davvero feroci al punto di non commuoversi nemmeno davanti all'ovazione di cinque minuti che il teatro gli riserva prima dei bis finali. "Grazie, grazie a tutti. Quello che avete fatto è una cosa davvero eccezionale".

Pochissime parole, una scaletta in linea con il tour e pochi fuori scena tra cui la bella sorpresa della band a metà concerto che, a insaputa di Fossati, attacca The End dei Beatles, dedicandogli una frase manifesto, soprattutto in questo contesto: "E alla fine l'amore che ricevi è uguale a quello che dai". Per capire però l'impatto culturale, oltre che musicale, che Fossati ha avuto sul nostro Paese in questi quarant'anni, ieri sera era sufficiente, più
che ascoltare il concerto, osservare il pubblico, un gruppo di persone eterogeneo e trasversale, che mescolava tre generazioni e nomi differenti e apparentemente lontani come Sergio Cofferati e Noemi, Marco Mengoni e Dori Ghezzi.

Tutti lì, in fila, in piedi, a tributare l'ultimo applauso a uno dei pochi veri autori della canzone italiana, un uomo che solo alla fine, quando ormai la mezzanotte è passata e il concerto è finito, decide di sciogliersi e, imbracciato il flauto, intona Dolce acqua, un pezzo della sua prima band, i Delirium, datato 1971. In mezzo c'è una vita intera, ci sono le ventotto canzoni portate in scaletta, anticipate dalle citazioni del Milione di Marco Polo e le cui parole, non a caso, sconfinano proprio nella biografia di Fossati: "Davanti ai nostri occhi stava comparendo Venezia. Eravamo tornati a casa dopo tanti anni, e la mia barba si era fatta grigia".

Non sarà Venezia, ma Fossati ritorna a casa dopo un viaggio durato quattro decenni e diciotto dischi, capace di segnare non solo il nostro tempo con canzoni divenute bandiere di un'epoca (La mia band suona il rock), ma anche la storia politica di questo Paese grazie a inni come Canzone popolare, che nel 1996 divenne l'inno del trionfo dell'allora Ulivo di Prodi. "Non preoccupatevi, da domani potrete finalmente suonare quello che vi pare" ironizza a un certo punto della serata rivolto alla sua band, prima di concludere il concerto, non casualmente, con le parole di un pezzo del 1993, Buontempo: "Oggi non si sta fermi un momento, oggi non si sta in casa, che è buontempo". Poi si chiude il sipario, mentre qualcuno si asciuga le lacrime, qualcun altro scuote la testa e, dal fondo del teatro, sale solitario un grido: "Ripensaci!". Ma difficilmente accadrà. (La Repubblica)
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"IT verde": ecco il laser che "cancella" i fogli già stampati

La pubblicazione scientifica del MIT (Massachusetts Institute of Technology) ha dato spazio ad una ricerca che potrebbe, in futuro, aprire la strada a nuove metodologie per il riciclo della carta. In un mondo sempre più digitale, si stampa ancora troppo e da qualche tempo nei messaggi di posta elettronica capita di leggere esortazioni a rispettare l'ambiente ed a stampare le e-mail solo quando strettamente necessario.
Alcuni ricercatori inglesi vogliono però compiere un passo in più, che va ben oltre la sensibilizzazione dell'opinione pubblica sul tema della battaglia contro gli sprechi. Julian Allwood (nella foto a lato), accademico della University of Cambridge, ha rivelato un nuovo sistema che sarebbe in grado di rimuovere il toner presente sui fogli di carta già stampanti consentendone l'immediato riuso.

Lo studio, condotto in collaborazione con un altro ricercatore, David Leal-Ayala, illustra l'utilizzo di una luce laser che permette di decomporre il toner svolgendo di fatto un processo inverso a quello di stampa. Secondo quanto affermato dagli esperti anglosassoni, la rimozione automatica del toner non causerebbe danni alle fibre della carta ed uno stesso foglio potrebbe essere riutilizzato fino a cinque volte prima di essere gettato nel cestino (del riciclo, ovviamente). "Stiamo cercando di vaporizzare il toner in maniera molto veloce", ha osservato Leal-Ayala. Il trucco, secondo gli studiosi, consisterebbe nell'utilizzo di un laser che proietta una luce verde ad intervalli rapidissimi, dell'ordine dei nanosecondi. Dal momento che la fibra di cellulosa è sostanzialmente immune ad un'azione del genere, gli impulsi luminosi verrebbero totalmente assorbiti dal toner. L'unico problema, spiega Allwood (anche il cognome del ricercatore è tutto un programma...), è che il calore assorbito dal toner venga comunicato al foglio di carta. Ed è proprio l'impiego di impulsi rapidi che permette al toner di "evaporare" prima di causare danni alla carta.

"Adesso stiamo cercando qualcuno che ci aiuti a costruire un prototipo", ha concluso Allwood. L'ambiente ringrazia. (Il Software.it)
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