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domenica 28 ottobre 2012

Giornata Mondiale contro l’ictus 29 ottobre 2012


Il 29 ottobre si celebra la Giornata Mondiale contro l’ictus, un danno cerebrale che si verifica quando l’afflusso di sangue diretto al cervello s’interrompe improvvisamente a causa della rottura o dell’ostruzione di un’arteria. In Italia ogni giorno colpisce circa 660 persone e miete più vittime di Aids, tubercolosi e malaria messe insieme.Conoscere i sintomi e le cure, oggi disponibili come la trombolisi (molto efficace entro le prime 3/4 ore dalla comparsa dei sintomi) è fondamentale per combattere e prevenire l’ictus cerebrale. Lo slogan della VII Giornata Mondiale, promossa dalla World Stroke Organization (WSO) e patrocinata in Italia dal ministero della Salute è: “One in Six” e si riferisce al fatto che nel mondo ogni 6 secondi 1 persona viene colpita da ictus a prescindere dall’età e dal sesso. Numeri che fanno riflettere, soprattutto se pensiamo che 3 ictus su 4 causati dalla fibrillazione atriale si possono prevenire.

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giovedì 26 aprile 2012

Parlottare tra sé? Fa bene al cervello

Pronunciare ad alta voce il nome di un oggetto perduto può aiutare a individuarlo più facilmente nell’ambiente circostante

MILANO - Chi parla da solo viene guardato male, si pensa che potrebbe mancargli qualche rotella, eppure questo strambo utilizzo del linguaggio, per fini non comunicativi, sembra avere un preciso ruolo di stimolo per alcune funzioni cognitive. Lo indica una ricerca pubblicata su The quarterly journal of experimental psychology, che ha dimostrato come pronunciare tra sé e sé il nome di un oggetto perduto possa aiutare a individuarlo più facilmente nell’ambiente e quindi a ritrovarlo.

OSSERVAZIONE - La ricerca è stata sviluppata sulla base dell’osservazione fatta nella vita di tutti i giorni di persone che parlottano tra sé mentre si guardano attorno e cercano ad esempio le chiavi perdute: «le chiavi… dove ho messo le chiavi…». Non è solo una richiesta di aiuto a persone che possono essere vicine, è anche un modo per focalizzare la propria attenzione sull’oggetto che si sta cercando. Gary Lupyan e Daniel Swingley, due psicologi americani rispettivamente dell’Università di Wisconsin-Madison e di Filadelfia, hanno dimostrato con una sequenza di esperimenti che si tratta di una strategia vincente.

ESPERIMENTI - In un primo esperimento, ai partecipanti è stata mostrata una serie di immagini di oggetti, poi a un gruppo è stato fatto leggere un annuncio che indicava di trovare uno specifico oggetto, per esempio «cercate la teiera»; l’altro gruppo è stato invece invitato a nominare a voce alta gli oggetti mentre li cercava. Alla fine è emerso chiaramente che gli appartenenti al secondo gruppo trovavano gli oggetti molto più rapidamente tra le immagini presentate. In un secondo esperimento è stata simulata la spesa al supermercato, dove in effetti capita molto frequentemente che si vada alla ricerca di un oggetto senza riuscire a trovarlo, per poi scoprire magari che era proprio lì sullo scaffale, davanti agli occhi. Anche in questo caso, le persone alle quali è stato chiesto di nominare a voce alta l’oggetto sono risultate molto più efficienti nella ricerca.

PROCESSI COGNITIVI - Le parole dette tra sé hanno quindi la capacità di guidare e concentrare l’attenzione, ma anche di stabilizzare un’idea astratta rendendola immediatamente disponibile per la memoria di lavoro. Non c’è da meravigliarsi, se si considera che i neuropsicologi sanno da tempo che chi soffre di disturbi acquisiti del linguaggio si porta dietro spesso anche una ridotta capacità in compiti non verbali. Quindi il linguaggio non deve essere considerato solo uno strumento per comunicare con i propri simili, ma anche un modo per influenzare i propri processi cognitivi. «Questo nostro lavoro è il primo che esamina gli effetti del parlare a se stessi rispetto a un compito visuale relativamente semplice - dicono gli autori della ricerca - e si aggiunge alla letteratura esistente che mostra come il linguaggio abbia una serie di funzioni extracomunicative e, in certe condizioni, possa arrivare a modulare i processi visivi». (Corriere.it)

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sabato 14 aprile 2012

Preoccupazione e intelligenza evolvono insieme


L’intelligenza e l’ansia sarebbero evolute insieme. E questo sarebbe un tratto evolutivo importante per l’uomo in quanto è anche grazie all’ansia e la preoccupazione che ci salviamo da situazioni che potrebbero essere pericolose: l’ansia e la preoccupazione ci rendono dunque più forti.

Sono i risultati di una ricerca effettuata dagli scienziati  del Suny Downstate Medical Center e pubblicato su Frontiers in Evolutionary Neuroscience. I ricercatori sono giunti alla conclusione che sia l’intelligenza che l’ansia sono il risultato dell’evoluzione perchè entrambi sono in relazione con l’attività cerebrale misurata con la colina, un nutriente presente nella sostanza bianca sottocorticale del cervello.

Lo studio ha esaminato pazienti sani e pazienti con disturbo dell’ansia generalizzato (GAD) per studiare la relazione fra  quoziente di intelligenza, preoccupazione e metabolismo della colina.

“Mentre l’eccessiva preoccupazione è generalmente vista come un tratto negativo, a differenza di una grande intelligenza, essa può tuttavia indurre la nostra specie a evitare situazioni pericolose, a prescindere da quanto sia remota la possibilità che si manifesti un concreto pericolo”, ha detto Jeremy Coplan, docente di psichiatria alla SUNY Downstate.

“In sostanza - ha aggiunto - la preoccupazione può aiutare le persone a non correre rischi, e queste persone possono avere tassi di sopravvivenza più elevati. Così, proprio come l’intelligenza, la preoccupazione può conferire un vantaggio alla specie”. (Gaianews.it)
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giovedì 5 aprile 2012

Global Soap Project: saponette per la vita.

Roma, 5 apr. (Adnkronos) - Quando non vengono portate via come souvenir, le saponette degli alberghi vengono buttate via anche se utilizzate una volta sola. Solo gli alberghi degli Stati Uniti ne gettano nell'immondizia una quantità impressionante: circa 2.600.000 saponette al giorno, uno spreco sconsiderato se si pensa che più di due milioni di bambini muoiono ogni anno per malattie come tifo, colera o una semplice diarrea, proprio a causa della mancanza di sapone.
Dal 2009 a oggi sono ben 7 milioni i bambini morti a causa di malattie che si sarebbero potute evitare con una corretta igiene. A dimostrarlo è il dato inverso: i bambini sotto i cinque anni che si lavano le mani con il sapone, possono ridurre del 50% il rischio di contrarre la polmonite e sono ben 1,4 milioni le morti che si potrebbero evitare ogni anno semplicemente lavandosi accuratamente le mani con sapone. Un'ingiustizia che ha colpito Derreck Kayongo, imprenditore ugandese, ora residente ad Atlanta, che ha dato vita al Global Soap Project.
Obiettivo: recuperare le migliaia di saponette buttate via ogni giorno negli hotel americani, riciclarle per trasformarle in nuove saponette e poi distribuirle nei Paesi più vulnerabili di tutto il mondo, dove una semplice saponetta può diminuire il rischio di contrarre malattie infettive del 40%. Gli alberghi, da parte loro, si liberano di un rifiuto ingombrante, vista la quantità di sapone che gettano via, e infatti si sono dimostrati da subito ben disposti a collaborare.
Ad oggi, il progetto coinvolge 300 hotel statunitensi distribuendo saponette in 18 Paesi in via di sviluppo. Tra questi, c'è anche Hilton Worldwide che ha appena avviato una partnership importante con Global Soap Project, grazie alla quale si prevede di produrre, in un anno, più di un milione di nuove saponette. E oltre a donare il sapone, Hilton Worldwide investirà 1,3 milioni di dollari nei prossimi 3 anni nel progetto.
Il sapone raccolto dagli hotel, diviso per albergo di provenienza e per marca, viene riscaldato e filtrato con cura per rimuovere ogni traccia di sporcizia e di impurità, quindi viene colato dentro a nuovi stampini per formare le nuove saponette che vengono confezionate grazie al lavoro svolto per lo più da volontari. Prima di raggiungere i destinatari, un campione di ogni lotto di sapone viene sottoposto a rigorose analisi condotte da un laboratorio terzo.
Figlio di un produttore di sapone, Kayongo sa bene come selezionare e rimodellare quelle saponette che solo dopo aver superato un rigoroso test anti-patogeno vengono inviate gratuitamente a chi ne ha bisogno. Una condizione verso la quale è particolarmente sensibile, vista la sua storia: da bambino, negli anni '70, dopo la dichiarazione di guerra di Idi Amin contro la Tanzania, è fuggito dall’Uganda con i genitori per trovare rifugio in Kenya, dove nonostante le difficoltà, ha avuto la possibilità di rifarsi una vita iniziando i suoi studi a Nairobi e finendoli poi ad Atlanta.
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martedì 27 marzo 2012

Creato cerotto elettronico per diagnosi in tempo reale

(AGI) - New York, 27 mar - Sviluppato un cerotto elettronico simile alla pelle in grado di diagnosticare problemi di salute e di segnalarli via wireless. Lo ha messo a punto un team della University of Illinois ed e' stato presentato nell'ambito del 243esimo meeting nazionale dell'Exposition American Chemical Society (ACS), la piu' grande societa' scientifica del mondo.
 ''I cerotti - ha detto John Rogers, primo autore della ricerca - permettono ai pazienti di superare la necessita' di rimanere legati alle macchine degli studi medici o di rimanere confinati nella stanza di un ospedale per le ore di trattamento o di monitoraggio''. Ogni anno sono centinaia di migliaia i pazienti in tutto il mondo che si sottopongono a elettroencefalogrammi, elettrocardiogrammi ed elettromiografici per controllare la salute dei loro cervelli, cuori e muscoli. ''Cosa ancora piu' importante - ha spiegato - i test via wireless permetterebbero di avere un confronto tra i test effettuati in ambiente medico e quelli svolti durante lo svolgimento delle attivita' quotidiane''. I cerotti elettronici hanno lo spessore di un capello umano, e potrebbero anche essere coperti con un tatuaggio temporaneo vero e proprio. ''In futuro - ha concluso il ricercatore americano - le tecnologie potrebbero permettere di trasmettere i dati dal cerotto al cellulare del paziente e, di qui, all'ufficio del medico''. (Salute.agi.it)

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lunedì 26 marzo 2012

Massaggio dei denti con un dito...di dentifricio

Sulla salute dei denti se ne dicono tante, quindi ecco un'altra notizia che ci racconta come mantenere una corretta igiene dentale. Sembra che massaggiare i denti dopo il pranzo, un massaggio però effettuato con il dentifricio, aumenti del 400% la protezione dalle carie.

La recente ricerca è stata pubblicata dalla rivista Acta Odontologica Scandinavia, e riporta il lavoro svolto dall'Accademia Sahlgrenska dell'Universita' di Goteborg.
Secondo Anna Nordstrom, coordinatrice dello studio, dopo pranzo va bene anche se "si strofina il dentifricio con un dito". Infatti sarebbe altrettanto efficacie quanto uno spazzolino, ma attenzione, il dentifricio deve contenere una "quantità di fluoro tre volte superiore a quella standard".
La ricercatrice svedese ha comunque spiegato che il "dito" è in aggiunta al normale uso dello spazzolino da denti, da usare sempre alla mattina e alla sera con un dentifricio al fluoro.
La ricerca ha preso il via dopo il lancio sul mercato, avvenuto 8 anni fa, di una pasta dentifricia contenente una quantità tre volte superiore a quella dei normali dentifrici. Un prodotto principalmente rivolto alle persone particolarmente soggette alla carie dentale.
Così, con lo scopo di rilevare l'effettiva efficacia del dentifricio, gli studiosi si non messi in moto. I dati pubblicati riferiscono che "coloro che hanno utilizzato il dentifricio potenziato hanno avuto una protezione quadrupla rispetto a quelli che hanno usato il dentifricio standard due volte al giorno".
Ma i ricercatori aggiungono che, più o meno, lo stesso risultato è stato raggiunto anche utilizzando il normale dentifricio.
In sintesi, la conclusione è che il massaggio con il dito, dopo pranzo, oltre al normale spazzolino due volte al giorno "consente di conservare più a lungo il fluoro sulla placca dei denti". (Vitadidonna.it)
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mercoledì 8 febbraio 2012

Clinica del Sale”: 30 minuti come tre giorni al mare

Il mare d’inverno, per i più piccoli. Si trova in una stanza di 40 mq in cui pareti, soffitto e pavimento sono interamente ricoperti da salgemma per garantire un ambiente ipoallergenico. È una vera “Clinica del Sale” quella nata presso il reparto di Otorinolaringoiatria del Policlinico Universitario di Bari diretto da Nicola Quaranta dove ha preso il via una sperimentazione sull'utilizzo dell'"Aerosal”: 30 minuti al suo interno apportano gli stessi benefici di 3 giorni al mare. 
In questa fase il trattamento riguarderà l'ipertrofia adenotonsillare subostruente, l’ingrossamento delle adenoidi che consegue all’infiammazione della tonsilla faringea, comune nei bambini tra 3 e 10 anni, ma che può manifestarsi anche prima.
Attraverso un sistema di aerosol a secco si respirano piccolissime particelle di sale e iodio di dimensioni ideali per raggiungere tutte le sezioni delle vie respiratorie. Iodio e sale sono un toccasana per le adenoidi infiammate. La stanza ha un microclima stabile: un'umidità sempre compresa tra il 40 e 60% e una temperatura tra 18 e 24%.
L’Aerosal non è destinato, tuttavia, solo ai più piccoli e alle affezioni delle alte vie respiratorie. Entro alcuni giorni verrà avviato un trial clinico anche presso l'Istituto Scientifico Universitario San Raffaele di Milano su pazienti che soffrono di psoriasi, coordinato dal primario dell'Unità di Dermatologia e Cosmetolgia dell'ospedale milanese, Santo Raffaele Mercuri.
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mercoledì 11 gennaio 2012

Il DNA: 1000 dollari per la lettura in 24 ore

Riuscire a leggere il proprio genoma per intero è una cosa utile e interessante. Il vantaggio di leggere le tre miliardi di lettere che compongono il Dna potrebbe risiedere nella possibilità di sviluppare terapie individuali tarate sui geni di una persona. Ora è possibile ad un costo accessibile, circa 1000 dollari, problemi etici all'orizzonte.
L'apparecchio utilizzato si chiama Ion Proton, è un sequenziatore prodotto da una società di biotecnologie del Connecticut, la Life Technologies. Costa intorno ai 150 mila dollari ed è capace di leggere il Dna di una persona in sole 24 ore, mentre finora la lettura richiedeva non meno di una settimana e costava anche 10 mila dollari.
A giudicare dalla fatto che il Wall Street Journal e il Financial Times, due dei più importanti giornali economici, gli hanno dedicato addirittura la prima pagina, la notizia probabilmente solletica l'entusiasmo della comunità scientifica, ma anche del business legato alla salute.
Ma non tutti sono così eccitati, a cominciare da chi si occupa di etica per finire alle autorità sanitarie. E' infatti vero che il costo limitato della macchina ne consente agli ospedali l'acquisto (costa meno di una Tac), ma gli entusiasmi si spengono quando si pensa al possibile utilizzo non sanitario.
Si pensa alle aziende o alle assicurazioni mediche. Queste potrebbero accedere ai dati del Dna di una persona prima di assumerla o di assicurarla. Così assicurazioni e datori di lavoro potrebbero operare delle vere e proprie discriminazioni selezionando in base alla predisposizione ad alcune malattie.
Se dalla lettura del Dna la variante di un gene indica la predisposizione ad una malattia, ciò non vuol dire che l'individuo si ammali con certezza.
Quindi il problema sta su come è trattata l'informazione, la mancanza di privacy potrebbe essere nefasta per una persona. (vitadidonna.org)
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lunedì 2 gennaio 2012

Aghi per siringhe che non provocano dolore

Molti saranno felici di sapere che potrebbe essere vicino il lancio sul mercato di un innovativo tipo di aghi per siringhe che non fanno male: si tratta di microaghi composti da fibroina, la principale proteina della seta.
L’invenzione arriva dalla mano di un gruppo di ingegneri appartenenti alla Tufts University, i quali sono riusciti a trovare il modo per sfruttare le proprietà di morbidezza della seta per creare una struttura solida e rigida, capace di attraversare la pelle senza provocare dolore e rilasciare un medicinale in maniera adeguata. Il segreto si trova nella dimensione degli aghi. Difatti, sono talmente piccoli che il sistema nervoso non è capace di percepire la loro presenza, eliminando la sensazione di bruciore o dolore che si prova quando l’ago penetra la cute, purché il farmaco iniettato non sia una sostanza per sé irritante. I risultati dello studio, pubblicati di recente sulla rivista Advance Functional Materials, dimostrano che è possibile sintetizzare a partire della fibroina, una sorta di aghi lunghi 500 micron e larghi soltanto 10 micron, ossia la decima parte di un capello.
Con questi microaghi, i farmaci possono essere somministrati in modo assolutamente normale, senza subire alterazioni nella loro composizione né sull’attività biologica del principio attivo.
I microaghi sono lo sufficientemente lunghi da permettere il rilascio del medicinale, ma come detto in precedenza, la loro lunghezza limitata non stimola i nervi sottocutanei e dunque non vi è una risposta di dolore.
Gli specialisti hanno inoltre dimostrato l’efficienza dei microaghi in caso di rilascio prolungato di diversi tipi di medicinali.
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giovedì 29 dicembre 2011

Alcol: in arrivo il cerotto anti sbornia

Capodanno è ormai vicino. In tutto il mondo si festeggerà l'ingresso del nuovo anno, e soprattutto brinderemo al suo arrivo. E forse, diciamolo, per una volta alzeremo un po' il gomito. Unico inconveniente, il post-sbornia che ci accompagnerà il 1° giorno del 2012. Ma c'è una soluzione, sotto forma di cerotto, e si chiama Bytox.
Prevenire è meglio che curare, si sa. Certo, sarebbe meglio non esagerare ma se proprio per una sera vogliamo lasciarci andare, esiste il modo per non subire i postumi dell'alcool. E sembra che a New York, il cerotto anti-sbornia, soprattutto per le feste di Capodanno vada a ruba.
Si tratta di uno dei numerosi aiutanti o presunti tali creato da alcuni giovani imprenditori della Grande Mela, che ha fatto il loro debutto nel corso di questo inverno.
Finora, il cerotto è acquistabile solo su Bytox.com, ad un prezzo che varia dai 2,99 per la versione monodose a 124,99 dollari per il pacchetto da 50, ma è disponibile anche in alcune cantine di New York e nel minibar dell'Hotel Gansevoort a Manhattan.
Il dottor Grossman, che ha messo a punto il cerotto, ha detto che il Bytox (lettaralmente “bye bye tossine”) dovrebbe essere applicato su una parte del corpo priva di peluria, preferibilmente l'avambraccio, 45 minuti prima di bere alcolici e va mantenuto fino al giorno successivo, ossia fino a otto ore dopo che si è bevuto l'ultimo bicchiere.
Il suo funzionamento, a detta del suo creatore, è più o meno quello dei presidi utilizzati per prevenire il mal d'auto. Inoltre secondo Grossman, Bytox è in grado anche di reintegrare le vitamine e gli acidi persi a causa del consumo di alcool. Tuttavia, tale aspetto non è ancora stato approfondito dalla Food and Drug Administration.
In un'intervista al New York Times, il dottor Grossman ha detto che la patch è più efficace rispetto ad una pillola perché gli ingredienti - diversi tipi di vitamine del gruppo B, bacca di acai, vitamine A, D, E e K, acidi folico e pantotenico - vengono immessi continuamente nel flusso sanguigno. Con una pillola, invece molte delle vitamine e dei minerali verrebbero rapidamente espulsi.
Ma poi aggiunge: "Se hai intenzione di bere molto, niente può aiutarti". Messaggio chiaro, secondo gli esperti infatti il tempo è l'unica cura sicura per guarire dai postumi di una sbornia.
Il suggerimento è quello di non esagerare, ma se per Capodanno dovessimo ritrovarci a fare i conti con i fumi dell'alcool, in mancanza di cerotti e pillole, l'unica cosa che può aiutarci è un bel cucchiaio di miele, insieme ad una profonda dormita.(Nextme.it)
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lunedì 21 novembre 2011

Cellulari: nocivi come le sigarette !!!

Roma, 21 nov. - (Adnkronos) - I telefonini "possono nuocere gravemente alla salute". Secondo Settimio Grimaldi, ricercatore del Cnr, l'avviso normalmente riportato sui pacchetti delle sigarette, dovrebbe comparire anche sui sistemi wireless per il collegamento internet in quanto produttori, come i cellulari, di campi elettromagnetici classificati dallo Iarc, l'agenzia internazionale di ricerca sul cancro con sede a Lione, come "possibili cancerogeni" (classe 2B).
E delle valutazioni dello Iarc, "dovrebbero prendere atto i Governi fornendo un'informazione il più chiara possibile, proprio come succede per gli alcolici e per le sigarette", spiega Grimaldi all'Adnkronos. Un "possibile cancerogeno" ha una probabilità di cancerogenicità del 50%, ma ad aggravare la posizione dei campi elettromagnetici è il fatto che "al di là di essere possibilmente cancerogeni, sono più genericamente nocivi per la salute in caso di abuso e in grado di far insorgere stati patologici di varia natura - specifica l'esperto - L'avanzamento tecnologico, però, è così rapido da non permetterci di mettere in piedi una casistica precisa".
Tra gli effetti indesiderati più riscontrati, però, c'è la diminuzione della capacità di attenzione e i mal di testa, e "abbiamo indicatori precisi che ci forniscono l'evidenza dell'effetto biologico che i campi elettromagnetici hanno sull'uomo, così come su piccoli animali e su cellule osservati", spiega Grimaldi.
Per questo "non concordo con la pressione esercitata dalla pubblicità, non si può indurre ad un uso smodato di qualcosa di potenzialmente nocivo e soprattutto sconsiglio l'utilizzo di telefoni cellulari da parte di bambini e adolescenti in fase di sviluppo", aggiunge il ricercatore del Cnr.
Insomma, il pericolo rappresentato dai campi elettromagnetici è concreto ed è consigliabile tenere alta la guardia, cercando di monitorare almeno l'inquinamento elettromagnetico sul quale abbiamo margini di controllo, ovvero quello casalingo.
"Il primo consiglio è di ridurre l'utilizzo del telefono cellulare, preferendo quello tradizionale con il filo, che tra l'altro - sottolinea - ci aiuta anche a ridurre l'impatto ambientale dovuto alla montagna di batterie che risultano dai telefonini dismessi e che sono altamente inquinanti. E poi, evitare la connessione wireless in casa, optando per il sistema ad onde convogliate che è anche più sicuro da eventuali attacchi esterni".
Il parere del Cnr ("assolutamente indipendente", ci tiene a sottolineare Grimaldi) arriva proprio all'indomani dell'allarme lanciato da Ispra, Legambiente e Arpa in merito a un provvedimento, contenuto nel maxiemendamento alla legge di stabilità, che avrebbe cambiato le regole di misurazione dei limiti dei campi elettromagnetici e potenziato del 30% i limiti per gli impianti radio e tv e del 70% gli impianti di telefonia mobile.
Provvedimento poi ritirato dal decreto, "per fortuna - sottolinea Grimaldi - visto che recentemente in Consiglio europeo ha invitato gli Stati membri ad essere cauti su tutti gli agenti ambientali, tra cui i campi elettromagnetici, che possono arrecare danno alla salute. Un provvedimento del genere sarebbe stato non in linea con la politica comunitaria".
Ma soprattutto, sarebbe stato non in linea con la posizione stessa dell'Italia, "primo Paese al mondo a discostarsi dalle regole adottate nei Paesi fuori dall'Ue, ad esempio negli Usa, e a porsi quello di 6 volt per metro come limite di cautela e di 20 volt per metro come limito sanitario"
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mercoledì 16 novembre 2011

Un cuore artificiale controllabile via Internet

Impiantato per la prima volta in Italia in provincia di Milano

Eccezionale intervento all’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (Milano). Un cuore artificiale di nuova generazione, controllabile via Internet, è stato impiantato per la prima volta in Italia.
Il sistema permette di monitorare, in tempo reale e a distanza, le condizioni del paziente e il funzionamento della pompa che supporta il cuore malato.
L’intervento è stato eseguito da un’èquipe diretta da Ettore Vitali, responsabile del Dipartimento Cardiovascolare. Il paziente, un uomo di Novara di 65 anni, ha eseguito una visita di controllo in questi giorni: sta bene ed è tornato a casa, alle sue normali attività.
La consolle di cui è dotato questo “cuore artificiale” (più correttamente Vad, Ventricular assist device) permette al paziente di collegarsi a un computer per scaricare i dati e trasmetterli via Internet. «Ciò consente il monitoraggio medico a distanza - spiega Vitali - Permette infatti agli specialisti di visualizzare in tempo reale lo stato di salute del paziente rilevando parametri della pompa, monitorando il flusso sanguigno, la potenza utilizzata e la velocità della turbina».
Il cuore artificiale è piccolo e leggero (pesa poco più di 100 grammi), tanto da stare comodamente in una mano. La pompa, che viene impiantata all’apice del ventricolo sinistro (sottoposto al carico maggiore perché distribuisce il sangue a tutto l’organismo, mentre il destro rifornisce solo i polmoni) e lo svuota reimmettendo il sangue nell’aorta, è la parte principale di un sistema che comprende un cavo di collegamento con l’esterno, le batterie e una consolle che funge anche da caricatore per le batterie.

L’apparecchio supporta il cuore malato ripristinando le normali condizioni emodinamiche e il corretto afflusso di sangue agli organi periferici. E «rappresenta una speranza in più per i pazienti affetti da scompenso cardiaco. Non solo un ponte verso il trapianto, ma una soluzione in grado di garantire un’ottima qualità di vita».
Finora questo cuore artificiale dotato di telemetria è stato impiantato in 18 pazienti in tutto il mondo, arruolati in un trial clinico avviato presso i centri cardiochirurgici di Berlino e Bruxelles. Humanitas è il primo ospedale italiano ad entrare nel trial. Il paziente operato ha alle spalle una storia clinica complessa: un severo peggioramento dello scompenso cardiaco avrebbe reso necessario un trapianto di cuore, impedito dalla presenza di un tumore.
«L’impianto del Vad - spiega Vitali - era l’unica soluzione per permettere al paziente di recuperare le forze dopo lungo periodo di scompenso cardiaco e uno stato di salute tale da permettere un successivo trattamento del tumore».
È già allo studio un’ulteriore evoluzione di questo dispositivo. «Presto - conclude - sarà disponibile una nuova consolle, munita di una Sim: trasmetterà i dati in continuo senza avere bisogno, come adesso, della base. E sarà sempre in comunicazione ovunque sia presente una rete cellulare».
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mercoledì 9 novembre 2011

Come il cancro cambia la vita

Venerdì 11-11-2011 è la giornata Nazionale per la ricerca sul cancro. Fotografia di oltre 2 milioni di italiani: fra licenziamenti e problemi psicologici, la famiglia è il vero pilastro.

Hanno voglia di reagire e paura, si dibattono fra incredulità e rabbia, ma se hanno bisogno di un sostegno psicologico possono contare quasi solo sull’aiuto dei familiari. Troppo spesso finiscono per perdere il lavoro e per subire una riduzione di reddito. E, sebbene valutino come molto buono il livello di cure ricevute, si sentono poco tutelati dai servizi sociali e “abbandonati a sé stessi” quando lasciano l’ospedale. Infine, sono preoccupati per il futuro: temono che la stretta sui bilanci pubblici faccia prevalere le logiche economiche sulla buona sanità. A denunciare Ad alta voce (questo il titolo del rapporto)i bisogni e le aspettative dei malati di cancro italiani e delle loro famiglie è una ricerca realizzata dal Censis con la collaborazione della Federazione italiana delle associazioni del volontariato oncologico (Favo) e di altre associazioni. L’indagine, presentata lunedì a Roma e realizzata con il sostegno di Roche, ha coinvolto oltre mille pazienti e più di 700 caregiver, permettendo per la prima volta nel nostro Paese di quantificare i coti sociali del cancro a carico dei malati, in aggiunta a quelli già sostenuti dal Servizio sanitario nazionale.

LICENZIATI, DEGRADATI, IMPOVERITI - Sono oltre 2,2 milioni le persone in Italia che hanno avuto nella loro vita una diagnosi di tumore: il 57 per cento (circa 1,3 milioni) ha superato la malattia da cinque anni e circa 800mila da almeno dieci anni. «Questi numeri dimostrano come il cancro rappresenti oggi una vera e propria questione sociale oltre che sanitaria – dice Giuseppe De Rita, presidente del Censis -. Servono forme di supporto prolungate nel tempo e interventi che facilitino il reinserimento sociale e lavorativo». Il problema, dati alla mano, è preoccupante: circa l’80 per cento degli intervistati ha subito cambiamenti che vanno dalla perdita del lavoro alla riduzione del reddito. Stando alle stime sono quasi 85mila le persone che negli ultimi cinque anni hanno perso il lavoro (licenziate, costrette alle dimissioni o a chiudere la propria attività autonoma) in conseguenza a una diagnosi di tumore. E se si calcano tutti gli italiani che hanno avuto una neoplasia nella loro vita la cifra sale a 274mila.

LA FAMIGLIA, IL PILASTRO DI SOSTEGNO - Eppure la voglia di reagire è il sentimento più comune ai pazienti, presente in oltre un terzo delle risposte, seguita – come comprensibile - dalla paura (30,6 per cento), da incredulità (21,4 per cento), rabbia (19,3) e ansia (14,4). La famiglia per chi si ammala di tumore è da subito il pilastro di riferimento, tanto che l’82,5 per cento degli intervistati ha un caregiver (inteso come principale persona di riferimento) che nella stragrande maggioranza dei casi è un familiare: coniuge o convivente, figli, fratelli, genitori. Con la consueta differenza tra malati uomini e donne: se oltre il 62 per cento dei maschi ha come caregiver la propria moglie o convivente, solo il 43 per cento delle donne ha il compagno come principale riferimento. Le donne possono contare di più sui figli e su se stesse, visto che è più alta la quota (quasi una su cinque) di quante dichiarano di “assistersi da sole”. «E’ ancora una volta il volontariato oncologico a supplire alle gravi carenze delle istituzioni – commenta Francesco De Lorenzo, presidente Favo -. Non soltanto con servizi mirati (accompagnamento, riabilitazione, informazioni personalizzate, assistenza domiciliare, cure palliative e sostegno psicologico), ma anche attraverso la sollecitazione e l’ottenimento di norme legislative per la tutela sul lavoro – commenta Francesco De Lorenzo, presidente Favo -. Il supporto psicologico e materiale ai pazienti oncologici viene per la gran parte dalle loro famiglie. Sono soprattutto le mogli, le conviventi, le sorelle, le madri a dare il care necessario con impegno quotidiano, anche notturno. Ed è rilevante la preoccupazione che affiora per gli anziani, troppo spesso soli nel gestire la malattia». 

LA VITA CAMBIATA - Quello psicologico è l’ambito in cui sono emersi i maggiori problemi per oltre il 35 per cento degli intervistati (specie fra chi vive solo e al Nord), che denunciano sfiducia, perdita di interesse, difficoltà ad accettare gli effetti collaterali delle cure. Altrettanti malati hanno poi avuto difficoltà nella vita quotidiana (ad esempio a fare la spesa o i lavori domestici). Sono insorti disagi in un quarto delle famiglie famiglia sono insorti problemi e circa il 22 per cento ha avuto difficoltà nel lavoro. Vanno poi considerati i disagi e deficit psicofisici con i quali i pazienti devono imparare subito a convivere: un elenco molto lungo e articolato di problemi fisici e psicologici che condiziona il vivere quotidiano. In questa fase della loro vita sensazione di fragilità, tendenza alla facile commozione (57,9 per cento), apatia, debolezza, perdita di forze (54,7), dolori, disturbi fisici (52,9), perdita del desiderio sessuale (47,6), ansia (46,7), problemi relativi all’aspetto fisico (42,2). Ma un dato in particolare testimonia lo straordinario sforzo di adattamento dei malati: quasi la metà di loro (il 46,6 per cento) giudica la qualità delle proprie giornate sufficiente, oltre il 40 per cento buona o eccellente e solo il 12,4 per cento vota per l’insufficienza.

LE CURE IN ITALIA? BUONE, MA… - «Il giudizio sulla sanità che emerge dal rapporto nel complesso è positivo – spiega Carla Collicelli, vicedirettore del Censis - mentre è negativo il giudizio sui servizi sociali, su quelli del territorio e sulle varie forme di tutela, inclusi i supporti economici. In estrema sintesi, i pazienti dicono che è valida la sanità per la fase acuta delle terapie (il 77,3 per cento la giudica buona o ottima e solo il 4 per cento insufficiente, ndr), ma è insufficiente la filiera delle attività e dei servizi che deve supportare la persona nei vari ambiti della propria vita sociale». In particolare si sente la mancanza di supporto psicologico (denunciata dal 32 per cento) e dell’assistenza domiciliare (42 per cento). Va inoltre detto che i pazienti curati al Sud e nelle isole esprimono giudizi mediamente meno positivi rispetto a quelli curati al Centro e al Nord e che i malati sono convinti che esistano disparità nazionali nella qualità di alcuni servizi erogati e nell’accesso alle cure più efficaci e innovative, così oltre il 70 per cento si è rivolto almeno in una delle fasi di malattia (diagnosi, cure, follow up) fuori regione. «Malgrado le disparità e qualche limite i malati oggi sono tutto sommato soddisfatti – conclude De Lorenzo - Pensano però che nel futuro le cose siano destinate a peggiorare: temono liste d’attesa più lunghe, difficoltà di bilancio che influenzano la scelta delle terapie più efficaci, un accesso iniquo ai nuovi farmaci a seconda dei rimborsi regionali. Con questa indagine oltre due milioni di italiani dicono timori e necessità “ad alta voce”, speriamo che vengano ascoltati».
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venerdì 4 novembre 2011

Occhi: con il laser scegli il colore

Un semplice intervento avvera il sogno.

Madre Natura ci ha fatti nascere con gli occhi castani, ma noi li desidereremmo azzurri. Fino a questo momento non restava che ricorrere alle lenti a contatto colorate, ma oggi un'equipe californiana promette di trasformare in realtà il sogno di un'iride azzurra grazie a un semplice intervento con la tecnologia laser.
L'esperimento è opera di Gregg Homer dello Stroma Medical, come riferito alla tv di Los Angeles KTLA. Attraverso un trattamento della durata di appena venti secondi utilizzando un fascio laser, il pigmento di melanina che rende l'iride marrone viene distrutto. Nelle due o tre settimane successive avviene, poi, una graduale trasformazione del colore dell'occhio. La procedura, assicura Homer, non provoca danni alla vista ma occorre tenere presente che si tratta di un intervento permanente.
Secondo Elmer Tu, professore associato della Clinica di oftalmologia dell'università dell'Illinois, tuttavia, l'intervento non è del tutto privo di rischi. Il cambio di colore "è effettivamente possibile se si utilizza il laser per far rilasciare il pigmento che dà origine al colore marrone. Ma tale pigmento, spiega l'esperto, "deve poi confluire da qualche parte". E non va dimenticato che il glaucoma pigmentario, che causa cecità, si ritiene sia dovuto proprio all'infiltrazione di melanina nel liquido che si trova dentro l'occhio. La malattia consiste infatti in un accumulo di granuli di pigmento che intasano il canale di fuoriuscita dell'umor acqueo, che si trova all'interno del bulbo oculare, con impedimento al deflusso ed aumento della pressione intraoculare.
In ogni caso Homer ha precisato che la tecnica ha ancora bisogno di un periodo di sperimentazioni, probabilmente un anno. Entro 18 mesi potrebbe essere disponibile all'estero mentre negli Usa si dovrà aspettare tre anni. Il costo per sfoggiare seducenti occhi blu si aggirerà intorno ai 5mila dollari (oltre 3.600 euro).  (TGCom)
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venerdì 14 ottobre 2011

Nguyen Thi Phuong invecchia in un paio di giorni

Roma, 14 ott. (Adnkronos/Adnkronos salute) - Ha 26 anni, ma ne dimostra 70. Ed è invecchiata in un paio di giorni: improvvisamente il suo viso si è riempito di rughe, il corpo è diventato flaccido. E' l'incredibile storia di Nguyen Thi Phuong, vietnamita, a cui i medici non sanno dare una spiegazione. L'ipotesi è che a trasformare la bella ragazza in una settantenne anzitempo sia stata una reazione allergica ai frutti di mare. Dal 2008, quando tutto è cominciato, la donna è stata costretta a indossare una maschera per nascondersi dagli sguardi curiosi della gente, fin quando i medici non stabiliranno la causa esatta dell'invecchiamento precoce. Per la prima volta Nguyen Thi Phuong, che vive con il marito nella provincia di Ben Tre, sul delta del Mekong, ha accettato di parlare con i media e di farsi fotografare, mostrando com'era prima e come è oggi.
E la storia sta rimbalzando su diverse testate online internazionali, tra cui il britannico 'Telegraph'. All'inizio di ottobre i medici di un ospedale locale hanno detto di voler visitare la donna gratuitamente, promettendo di mandarla all'ospedale dermatologico di Ho Chi Minh se dovessero fallire nel stabilire la diagnosi. La coppia, infatti, non ha i soldi per rivolgersi alla struttura specializzata della capitale.
Intanto sulla stampa locale è fiorita una gran varietà di diagnosi da parte di diversi camici bianchi interpellati. Alcuni sostengono che possa trattarsi di lipodistrofia, una rara sindrome che causa la degenerazione del tessuto adiposo. Phuong, invece, fa risalire tutto a una grave reazione allergica ai frutti di mare nel 2008, curata con alcune medicine comprate alla farmacia locale, prese per un mese. Poi è passata alla medicina tradizionale: "L'orticaria che avevo è scomparsa, ma la mia pelle ha cominciato ad afflosciarsi e a riempirsi di rughe", racconta.
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I telefonini sono un covo di batteri, 1 su 6 come il WC

Roma, 14 ott. - (Adnkronos Salute) - Prima di fare una telefonata con il cellulare di un altro, meglio pensarci due volte. Un telefonino su sei, infatti, e' un 'covo di batteri', contaminato addirittura da materiale fecale. Lo rivela una ricerca britannica, condotta in 12 citta', sulla base di 390 campioni prelevati da mani e cellulari, i cui risultati sono stati diffusi alla vigilia della Giornata mondiale del lavaggio delle mani, che si celebra il 15 ottobre.
Gli esperti spiegano che la ragione piu' probabile della presenza di batteri potenzialmente dannosi sugli apparecchi di cosi' tante persone e' il fatto di non lavarsi le mani, o almeno di non farlo bene, dopo essere andati in bagno. Lo studio, condotto da scienziati della London School of Hygiene & Tropical Medicine e dalla Queen Mary University di Londra rivela anche una preoccupante tendenza - diffusa tra i britannici - a mentire sulle proprie abitudini igieniche. Infatti, benche' il 95% delle persone intervistate abbia assicurato di lavare le mani col sapone quando possibile, il 92% dei telefoni e l'82% delle mani controllate ospitavano batteri. A preoccupare di piu' gli studiosi, il fatto che il 16% delle mani e il 16% dei telefonini fossero 'abitati' dal pericoloso E. coli, batterio di origine fecale.
Proprio un tipo di E. coli, batterio associato a disturbi di stomaco anche gravi, e' stato implicato nei casi mortali di intossicazione alimentare registrati in Germania nel mese di giugno. "Questo studio - spiega l'esperto di igiene Val Curtis, della London School of Hygiene & Tropical Medicine - fornisce ulteriori prove del fatto che alcune persone ancora non si lavano le mani correttamente, soprattutto dopo essere andate in bagno. Spero che il timore di avere E. coli sulle mani e sui telefoni incoraggi a fare piu' attenzione alla toilette. Lavarsi le mani con il sapone e' una cosa semplice da fare, che senza dubbio e' in grado di salvare vite umane".
"Una ricerca scioccante - commenta Peter Barratt, Technical Manager dell'Initial Washroom Solution, che sostiene la Giornata mondiale - che dimostra l'importanza di un'igiene efficace. E' fondamentale che la gente prenda questo aspetto sul serio". I ricercatori hanno viaggiato in 12 citta', prelevando 390 campioni da telefoni cellulari e mani. I test di laboratorio hanno poi svelato tipo e numero di germi in agguato.
Ai partecipanti sono state anche poste delle domande sulle abitudini con acqua e sapone. Se la quota piu' ampia di telefoni contaminati si e' registrata a Birmingham (41%), ai londinesi spetta il record di E. coli sulle mani (28%). In generale, comunque, i livelli di batteri aumentano via via che si sale verso il Nord del Paese. La citta' piu' sporca e' Glasgow: qui i livelli medi di contaminazione per mani e telefonini e' nove volte superiore rispetto a Brighton. E ancora, chi ha batteri sulle mani, ha il triplo delle probabilita' di averli anche sul proprio cellulare.
Insomma, i risultati parlano chiaro. "La gente puo' affermare di lavarsi le mani regolarmente, ma la scienza dimostra il contrario", dice Ron Cutler, della Queen Mary University of London. I batteri fecali possono sopravvivere sulle mani e le superfici per delle ore, soprattutto nel caso di temperature piu' calde e lontano dalla luce solare. Vengono facilmente trasferiti toccando maniglie delle porte, cibo e persino telefonini. E sono insidiosi: possono scatenare diarrea, mal di pancia, febbre e intossicazioni. E ogni anno 3,5 milioni di bambini sotto i cinque anni vengono uccisi da polmoniti e malattie diarroiche.
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martedì 20 settembre 2011

Doctor's Life il primo canale TV sat dedicato ai medici

Roma, 20 set. (Adnkronos/Adnkronos Salute) - Verrà presentato domani, mercoledì 21 settembre, nella sede del palazzo dell'Informazione alle ore 11.30, in piazza Mastai 9 a Roma, Doctor's Life, il primo canale televisivo satellitare riservato ai medici edito e prodotto dall'Adnkronos Salute.
La presentazione di Doctor's Life, visibile dal 3 ottobre sulla piattaforma Sky (Canale 440), si terrà alla presenza del ministro della Salute Ferruccio Fazio e di altri rappresentanti di importanti istituzioni sanitarie e scientifiche.
E da oggi è on line il sito www.doctorslife.it.
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lunedì 19 settembre 2011

Lo psicologo digitale aiuta a smettere di fumare

Nuova strategia dell'Ue che utilizza i social media
BRUXELLES — Pensiero positivo, «psicologo» digitale e social media. È il nuovo corso della strategia europea nella lotta contro il fumo. Preoccupa la parziale rimonta della dipendenza dal tabacco. Soprattutto tra le donne. E soprattutto nella fascia dai 25 ai 34 anni, che in Europa ammonta a 28 milioni di persone. La nuova campagna triennale «Gli ex fumatori. Sono irresistibili», lanciata da John Dalli, Commissario europeo per la Salute e le Politiche dei consumatori (Sanco), batte strade alternative. Non solo immagini shock e ammonimenti sui danni provocati dalle sigarette. «In realtà la dissuasione del messaggio negativo resta, non cambiamo strategia — puntualizza Paola Testori Coggia, la biologa italiana a capo della Direzione generale Sanco —. Discutendo con i nostri psicologi, abbiamo però pensato che in una campagna rivolta a questa fascia d’età un messaggio propositivo funzioni meglio di uno impositivo. Vogliamo spiegare ai giovani quanto possono guadagnare in termini di salute, soldi e benessere».
Esempi in carne e ossa, prima di tutto, riuniti mercoledì 14 settembre nel foyer del Théâtre du Vaudeville, all’interno delle Galeries Royales St. Hubert di Bruxelles. Sono 27 giovani, uno per ogni Paese dell’Ue, che hanno provato con successo il programma i-Coach, un «percorso verso la libertà», ovviamente gratuito, su internet. Il grande fotografo Rankin li ha trasformati nei «volti» della campagna che comparirà tra poco sui giornali. A ciascuno uno slogan. Quello di Davide, il bellunese di 34 anni selezionato per rappresentare l’Italia, recita: «Gli ex fumatori annusano meglio». Davide, che di mestiere fa il consulente per la sicurezza sul lavoro, vuole riuscire ad annusare il profumo della suo nuovo amore senza che la ragazza scappi disgustata dal fatto che lui puzza come un portacenere. È stata proprio lei la «molla». Poi Davide ha trovato i-Coach e ha provato a smettere per la seconda volta nella sua vita. «La volontà è fondamentale, — dice — ma il programma aiuta molto ed è facile da usare. Non fumo più da 25 giorni e la mia ragazza è felicissima».
Il percorso di i-Coach è strutturato in cinque fasi. Prima di tutto, occorre registrarsi e rispondere a una serie di domande. Il programma, pensato non solo per i singoli, ma anche per le aziende, elabora un profilo dell’utente e lo inserisce in una "fase". Ogni giorno si ricevono suggerimenti via e-mail per rafforzare la propria motivazione, consigli, tecniche, esercizi e mini-test tagliati su misura, fino al raggiungimento della fase finale. «È la prima volta che una campagna europea offre un aiuto pratico — sottolinea John Dalli —. Siamo partiti a giugno e già 20 mila fumatori stanno utilizzando i-Coach. Più di 650 mila persone muoiono annualmente nell'Ue a causa del fumo. Le autorità pubbliche sono chiamate a svolgere un ruolo importante per aiutare i cittadini a spezzare questo circolo vizioso di dipendenza e di morti e malattie evitabili». Secondo gli ideatori, un terzo degli iscritti al programma avrebbe raggiunto le fasi 4 e 5, cioè quelle di chi ha appena smesso o ha smesso da qualche tempo. Allora vale la pena di provare. Al massimo si «rischia» la sorte dei protagonisti dei videoclip della campagna che saranno lanciati sul web e in televisione. Due storie di grigi fumatori, in un percorso a ritroso: lui riesce a tagliare il traguardo di una maratona. Lei conosce il vero amore e partorisce un bimbo. Tutti e due senza affanno. Un lieto fine, vero. Fonte: Corriere della Sera
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