giovedì 5 febbraio 2015

Google si allea con Twitter: i tweet subito nel motore di ricerca

Google e Twitter tornano insieme. Dopo una falsa partenza cinque anni fa, i due colossi del web hanno raggiunto un accordo che permette ai tweet di 140 caratteri di essere visualizzati dal motore di ricerca non appena pubblicati. La notizia dell’intesa siglata nella giornata di ieri è stata riportata da Bloomberg News e per il momento non è stata confermata dalle due aziende.

L’accordo prevede che i messaggi inviati dai 284 milioni di utenti di Twitter siano visualizzati quasi in diretta sulla pagina dei risultati di Google, senza attendere la scansione del crawler del motore di ricerca. L’obiettivo è di far aumentare il traffico del sito di microblogging, aprendo quindi la piattaforma - così come la pubblicità e la possibilità di sottoscrizione - anche ai navigatori non iscritti.

Twitter, che ha già accordi simili con Bing e Yahoo!, rinnova l’intesa con Big G sottoscritta per la prima volta nel 2009, ma che in realtà non ha mai dato i risultati auspicati e che era quindi stata sciolta due anni dopo. In realtà i dissidi riguardavano anche la visualizzazione dei tweet sulla pagina dei risultati del motore di ricerca e l’utilizzo dei risultati da parte di Google: Twitter voleva soltanto che i messaggi finissero nella pagina dei risultati, mentre il motore di ricerca chiedeva che questi fossero integrati in maniera organica in tutti i suoi prodotti, a partire dal social network Google Plus. Secondo le indiscrezioni di Bloomberg, Google non verserà a Twitter una percentuale sugli introiti pubblicitari generati dal traffico supplementare, ma pagherà un fisso per l’accesso al database dei tweet.


Proprio questa settimana Twitter aveva accelerato sul fronte pubblicitario, siglando per la prima volta accordi con Flipboard e Yahoo Japan per vendere pubblicità al di fuori della propria piattaforma. Questa sera il sito di microblogging comunicherà i risultati del quarto trimestre: le previsioni di Thomson Reuters stimano un balzo dell’87% del fatturato a 453 milioni di dollari nonostante un rallentamento della crescita di nuovi utenti.
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Analisi del sangue in 15 minuti con lo smartphone

Laboratorio 'tascabile' per paesi in via di sviluppo



Poche gocce di sangue, 25 euro, 15 minuti di tempo e uno smartphone: è quanto serve per diagnosticare un'infezione di Hiv o sifilide grazie a un mini-laboratorio ideato per fare le analisi del sangue nei Paesi in via di sviluppo.
A trasformare un vero laboratorio di analisi in un 'accessorio' low-cost simile a un telefonino è la ricerca coordinata da Samuel Sia, dell'Università Columbia, pubblicata sulla rivista Science Translational Medicine.

Fare analisi cliniche, anche basilari, lontani da una struttura organizzata e senza energia elettricaè un impresa quasi impossibile. Per cercare di aiutare i medici che lavorano in regioni povere con alta diffusione di infezioni gravi come quella da Hiv e la sifilide, i ricercatori americani hanno messo a punto un piccolo kit di diagnosi rapida da usare collegandolo ad uno smartphone o a un pc.

E' una piccola 'scatola' che, con una semplice puntura sul dito, preleva poche gocce di sangue per eseguire test clinici in appena 15 minuti. Per alimentare il dispositivo basta collegarlo all'uscita degli auricolari di uno smartphone o di un pc. Il costo è di 25 euro, contro i 15.000 necessari per un'attrezzatura da laboratorio con le stesse caratteristiche.

"Sappiano che una diagnosi precoce su donne incinte può ridurre notevolmente le conseguenze per le madri e i loro bambini", ha spiegato Sia. I primi test sul campo sono stati eseguiti in Ruanda con operatori sanitari che hanno utilizzato il dispositivo per analizzare 96 pazienti e ora i ricercatori puntano a distribuire un gran numero di kit agli operatori che lottano sul campo contro sifilide e Hiv.
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martedì 3 febbraio 2015

WhatsApp: telefonare gratis si può già fare in attesa di poter scaricare WhatsApp beta. Istruzioni

WhatsApp fa sul serio e introduce la chiamate vocali. Per ora siamo ancora nella fase beta, ma c'è l'opportunità di forzare il servizio.
Lo scoop lo ha fatto un utente indiano, che ha pubblicato online le immagini di una interfaccia divisa in tre schede: sezione per le chiamate, sezione per la chat ed elenco dei contatti, oltre a un nuovo pulsante che permetterebbe di avviare una chiamata via Internet. E in Rete il tam tam si è scatenato: sembra quindi imminente il lancio della tanto attesa possibilità di effettuare chiamate vocali con WhatsApp, acquistato da Marck Zuckerberg, CEO di Facebook, per 19 miliardi di dollari. Siamo ancora nella fase beta e per l'approdo a quella definitiva occorre ancora un po' di tempo.
I più impazienti che dispongono dei permessi di amministratore sbloccati possono provare ad attivare il servizio. Tuttavia sono indispensabile l'installazione della versione 2.11.508 (o successive) di WhatsApp e un emulatore per Android. A quel punto, come spiegato nel forum di XDA Developers, occorre aggiungere il codice HTML am start -n com.whatsapp/com.whatsapp.HomeActivity. Si tratta di un espediente dal carattere di provvisorietà che non è funzionante al 100%.

Più in generale il servizio dovrebbe essere inizialmente valido solo per chi è dotato di dispositivi Android. In questo modo il mercato si arricchisce di una nuova opportunità che si affianca ai vari Skype e Viber. Il servizio andrà a fare coppia con WhatsApp Web, la versione per computer del software di messaggistica istantanea. Affinché funzioni è indispensabile che il proprio smartphone rimanga acceso e sia connesso a Internet i(il client web è solo un'estensione del telefono), e utilizzare il browser Google Chrome. Almeno fino a questo momento la possibilità viene negata ai Mac e agli iPhone e rimane riservata ai possessori di uno smartphone equipaggiato con sistema operativo Android o Windows Phone e dei BlackBerry.
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lunedì 2 febbraio 2015

Offerte febbraio 2015 per tariffe cellulari con internet sotto i 10 euro

Oggi la nostra analisi riguarderà le tariffe per cellulari che, solitamente, vengono richieste da coloro che fanno un utilizzo minimo del proprio smartphone ma non vogliono negarsi la possibilità di avere un pacchetto che includa telefonate e navigazione internet. E gli sms? Con l'avvento di whatsapp ormai lo sappiamo: gli sms sono diventati quasi superflui; ma in caso di necessità, se non fossero inclusi nel costo, è sempre possibile inviarli a consumo.
Wind: i pacchetti per cellulari ricaricabili a 10 euro 
Iniziamo con Wind: a 10 euro/mese troviamo All Inclusive ricaricabile che include minuti illimitati verso tutti cellulari wind, 100 sms verso tutti e 1 gb di Internet. Una tariffa più adeguata a coloro ai quali interessa in particolar modo la navigazione è All digital: include 2 Gb di navigazione, 100 minuti verso tutti, sms illimitati, scontata a €10 (anziché 14) a patto che per ricaricare il cellulare e per richiedere assistenza vengano usate la app Mywind o il sito internet dell'operatore. Cosa succede se "mi dimentico" e ricarico dal tabaccaio, oppure chiamo l'155? Niente di grave: il mese successivo decadrà lo sconto e saranno scalati dal credito residuo €14.
I piani tariffari Tim a 10 euro/mese 

L'offerta di Tim delle tariffe dedicate agli smartphone vede - purtroppo - prezzi uguali o inferiori a 10 euro solo per un pacchetto rivolto a chi ha un'età compresa fra 12 e 30 anni. Tim Young&Music costa 9 euro/mese, include 1000 sms e 1 Gb di navigazione lte (4G); lo streaming di musica effettuato tramite la app dedicataTIMmusic non consuma il monte Gb di navigazione che, fino al 30/4/15, non viene eroso neanche per l'utilizzo di Facebook e Whatsapp tramite i canali/app ufficiali.
Cosa significa che il monte minuti "non viene eroso"? Significa che se, ad esempio, utilizzate facebook e il traffico generato ammonta a 500 Mb, questi mega non vengono decurtati dal giga incluso nel pacchetto (attenzione che non è così se il proxy per la navigazione è blackberry, nokia xpress o opera mini).
Tutte le informazioni contenute nell'articolo fanno riferimento a tariffe in vigore al 2 febbraio e sono puramente indicative; prima di procedere nell'attivazione verificate con l'operatore l'eventuale variazione nelle promozioni. 
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mercoledì 21 gennaio 2015

Tutti i modi con cui il multitasking ci rovina (davvero) il cervello

Il Quoziente Intellettivo si abbassa anche di 10 punti. ll neuroscienziato Daniel J. Levitin esamina gli «effetti collaterali» del sovraccarico di stimoli da email, sms e social.

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I cantori delle meraviglie del multitasking sono avvisati: l’epopea del fare tutto e possibilmente in contemporanea non è cosi mitica come si crede. Non lo è almeno per il nostro cervello. Non è la prima volta che gli studi scientifici si occupano — e si preoccupano — degli effetti collaterali del sovraccarico di stimoli e di richieste sulla nostra “centrale di controllo”. Adesso lo ribadisce il neuroscienziato Daniel J. Levitin , direttore del Laboratory for Music, Cognition and Expertise alla McGill University e autore del libro “The Organized Mind: Thinking Straight in the Age of Information Overload.” (“La mente organizzata: restare lucidi nell’era dell’eccesso di informazione”, ndr) in un articolo pubblicato sulle pagine scientifiche del quotidiano britannico The Guardian: il multitasking ci rende meno efficienti e comporta un vero e proprio esaurimento delle funzioni cerebrali. «Stiamo facendo i lavori di 10 persone diverse, cercando anche di tenere il passo con la nostra vita, i nostri figli e genitori, i nostri amici, le nostre carriere, i nostri hobby, e le nostre programmi televisivi preferiti», scrive Levitin.
Non siamo giocolieri esperti
È ormai esperienza quotidiana:non c’è momento della nostra giornata in cui non “messaggiamo”, leggiamo la posta, “chattiamo” sulle varie piattaforme messe a disposizione dalla tecnologia. «Ma c’è un unico neo — ci spiega il professor Levitin— . Anche se pensiamo di fare diverse cose contemporaneamente, questa è una illusione potente e diabolica. Earl Miller, un neuroscienziato del MIT e uno dei massimi esperti mondiali di attenzione divisa, dice che il nostro cervello “non è cablato bene per il multitasking ... Quando la gente pensa di fare multitasking, in realtà sta solo passando da un compito a un altro molto rapidamente . E ogni volta che lo fa, c’è un costo cognitivo». Quindi non stiamo in realtà tenendo un sacco di palle in aria come un giocoliere esperto, assomigliamo piuttosto a un dilettante scarso che fa girare i piatti, passando freneticamente da un compito all’altro, ignorando quello che non è proprio davanti a noi, ma preoccupati che crollerà da un momento all’altro. Anche se pensiamo che stiamo facendo un sacco di cose, ironia della sorte, il multitasking ci rende palesemente meno efficienti».
Il circolo vizioso della dopamina
I meccanismi innescati dall’attività frenetica giocata su più “tavoli” sono stati ampiamente studiati .« Si è visto che il multitasking aumenta la produzione di cortisolo, l’ormone dello stress, e di adrenalina, l’ormone del “lotta o scappa”, che può stimolare eccessivamente il cervello e causare annebbiamento o pensieri disturbati — racconta Levitin —. Il multitasking crea un circolo vizioso di dipendenza dalla dopamina, premiando effettivamente il cervello a perdere la concentrazione e a cercare stimoli esterni. A peggiorare le cose, la corteccia prefrontale ha una “distorsione da gadget”, il che significa che la sua attenzione può essere facilmente distratta da qualcosa di nuovo - gli oggetti luccicanti proverbiali che usiamo per invogliare i bambini, cuccioli e gattini. L’ironia qui per quelli di noi che stanno cercando di mettere a fuoco tra le attività in concorrenza è chiaro: la regione del cervello di cui abbiamo molto bisogno di fare affidamento per rimanere concentrati sul compito è facilmente disturbata. Rispondere al telefono, cercare qualcosa su internet, controllare la posta, inviare un Sms: e ognuna di queste cose modifica i centri del cervello deputati alla ricerca della novità e della ricompensa, provocando uno scoppio di oppioidi endogeni tutto a scapito della nostra concentrazione sul compito da svolgere».
L’ info-mania rende meno intelligenti
Secondo l’autore , anche la semplice opportunità di fare più cose contemporaneamente è dannosa per le prestazioni cognitive. «Glenn Wilson, ex docente a contratto di psicologia presso Gresham College di Londra, lo chiamainfo-mania . La sua ricerca — scrive Levitin — ha scoperto che trovarsi in una situazione in cui si sta cercando di concentrarsi su un compito e si ha una e-mail non letta nella posta in arrivo, può ridurre il QI (Quoziente Intellettivo) effettivo di 10 punti. E anche se le persone attribuiscono molti benefici per la marijuana, tra cui una maggiore creatività e riduzione del dolore e lo stress, è ben documentato che il suo ingrediente principale, il cannabinolo, attiva i recettori cannabinolici dedicati nel cervello e interferisce profondamente con la memoria e con la nostra capacità di concentrarsi su diverse cose contemporaneamente. Wilson ha mostrato che le perdite cognitive da multitasking sono ancora superiori alle perdite cognitive dei fumatori di cannabis».
Le informazioni «deviate»
Levitin cita poi Russ Poldrack, neuroscienziato a Stanford, secondo il quale nel processo di apprendimento mentre si fa multitasking le nuove informazioni sono dirette verso la parte sbagliata del cervello. «Se ad esempio gli studenti studiano e guardano la TV allo stesso tempo — racconta Levitin —, le informazioni acquisite dai loro compiti si indirizzano al corpo striato, una regione specializzata nella memorizzazione di nuove procedure e competenze, non di fatti e idee. Senza la distrazione della TV,invece, le informazioni raggiungono l’ippocampo, dove vengono organizzate e classificate in una varietà di modi, rendendo più facile recuperarle. Earl Miller del Massachusetts Institute of Technology aggiunge, «La gente non può fare multitasking molto bene, e quando dice che possono, stanno illudendo se stessi. E si scopre che il cervello è molto bravo in questo business dell’illusione» .
I costi sul metabolismo
Poi ci sono i costi metabolici . Chiedere al cervello di spostare l’attenzione da un’attività all’altra costringe la corteccia prefrontale e il corpo striato a bruciare il glucosio ossigenato, lo stesso combustibile du cui hanno bisogno per restare concentrati sui compiti . «E il tipo di spostamento rapido e continuo che operiamo con il multitasking — spiega Levitin —fa sì che il cervello bruci il combustibile così rapidamente che ci sentiamo esausti e disorientati dopo anche per breve tempo. Abbiamo letteralmente impoverito i nutrienti nel nostro cervello. Questo porta a compromessi in termini di prestazioni cognitive e fisiche. Tra le altre cose, il cambiamento ripetuto dei compito porta ad ansia, che aumenta i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress nel cervello, che a sua volta può portare a un comportamento aggressivo e impulsivo. Al contrario, la concentrazione sul compito è controllata dal cingolo anteriore e dal corpo striato, e una volta che attiviamo la modalità esecutiva centrale, rimanere in quello stato comporta un minore utilizzo di energia rispetto al multitasking e di fatto riduce la necessità di glucosio per il cervello». Uno studio del 2013 condotto dalla Michigan State University aveva già messo in guardia sulla possibile associazione del multitasking digitale ad ansia e depressione, senza però chiarire se sia il disagio psicologico a portarci a cercare distrazione nel sovraccarico digitale o siano tablet e cellulari a provocare il malessere.
Il corto circuito delle decisioni
C’è poi il problema delle decisioni da prendere che nel multitasking viene amplificato a dismisura causando una specie di corto circuito. «Questa incertezza — afferma Levitin— manda in tilt il nostro rapido sistema di categorizzazione percettiva, è causa di stress, e porta al sovraccarico di decisione. Si scopre che il processo decisionale ha un impatto anche sulle risorse neurali e che le piccole decisioni sembrano prendere tanta energia quanto quelle grandi . Una delle prime cose che perdiamo è il controllo degli impulsi. Si innesca rapidamente uno stato di impoverimento in cui, dopo aver preso un sacco di decisioni senza senso, rischiamo di finire con il decidere davvero male su qualcosa di importante». Questo vale per le email, ormai dilaganti, e a maggior ragione per gli Sms che creano una dipendenza più sottile. «Si risponde e ci si sente ricompensati per aver portato a termine un compito (anche se questo compito era del tutto sconosciuto a solo 15 secondi prima). Ognuno di questi Sms trasporta un “proiettile” di dopamina».
Una ricompensa buona da morire
I topi lo hanno dimostrato molto bene. « In un famoso esperimento — sottolinea Levitin — , i miei colleghi della McGill Peter Milner e James Olds, entrambi neuroscienziati, hanno piazzato un piccolo elettrodo nel cervello dei topi, in una piccola struttura del sistema limbico chiamata nucleo accumbens. Tale struttura regola la produzione di dopamina ed è la regione che si “illumina” quando i giocatori d’azzardo vincono una scommessa, i tossicodipendenti prendono la cocaina, oppure quando si ha un orgasmo. Olds e Milner lo hanno chiamato il centro del piacere. Una leva nella gabbia permette ai topi di inviare un piccolo segnale elettrico direttamente ai loro nucleo accumbens. Ebbene ai topi piaceva a tal punto da non fare nient’altro. Hanno dimenticato del tutto di mangiare e dormire. Molto tempo dopo avevano fame e hanno ignorato il cibo gustoso in cambio della possibilità di premere quella piccola leva cromata; hanno anche ignorato il sesso. I ratti appena premuto la leva più e più volte, fino a che sono morti di fame e di stanchezza. Ci ricordano qualcosa? Un uomo di 30 anni è morto a Guangzhou (Cina) dopo aver giocato i videogiochi ininterrottamente per tre giorni . Un altro uomo è morto a Daegu (Corea) dopo aver giocato ai videogiochi quasi ininterrottamente per 50 ore, bloccato solo perché è andato in arresto cardiaco» .
Twitter e Facebook
Strumenti come Twitter o Facebook agiscono alla stessa maniera. «Ogni volta che inviamo una e-mail in un modo o nell’altro, proviamo un senso di realizzazione, e il nostro cervello riceve un pizzico di ormoni-i ricompensa che ci dicono abbiamo realizzato qualcosa — conclude Levitin — . Ogni volta che controlliamo un o “tweet” su Twitter o un aggiornamento di Facebook, incontriamo qualcosa di nuovo , ci sentiamo più connessi socialmente e otteniamo un’altra cucchiaiata di ormoni -ricompensa. Ma ricordate, è la parte muta e sempre affamata di novità del cervello che guida il sistema limbico, a indurre questa sensazione di piacere, non i centri del pensiero di livello superiore posti nella corteccia prefrontale. Non commettete errori: controllare email-, Facebook- e Twitter costituisce una dipendenza neurale».


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martedì 20 gennaio 2015

In arrivo iCub, la tecnologia al servizio del sociale e delle persone sole o disabili

Trent’anni fa sarebbe stato impensabile, ma oggi l’applicazione della robotica nel quotidiano è diventata una realtà consolidata. Il principale scopo per cui sono nati i robot è quello di aiutare le persone anziane nello svolgere compiti e mansioni facilitando loro la vita di tutti i giorni. Per gli esperti le potenzialità sono tantissime, e un futuro dove le persone saranno affiancate da robot non sarà fantascienza (e non passeranno nemmeno tanti anni). Già nel 2015 si prevede il via del secondo programma di sperimentazioni, nel corso del quale altre persone anziane volontarie proveranno i nuovi sistemi robotici, questa volta in ambienti reali.

I “robot badanti” – questo il nome, un progetto presentato nel febbraio 2014 coordinato dall'istituto di biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa chiamato 'Robot Era'; tre sistemi robotici avanzati, in grado di cooperare e interagire con una persona umana. Un altro obiettivo allo studio è 'iCub', un sistema che consentira di connettere alla robotica la tecnologia alla base degli smartphone", ha detto Giorgio Metta, direttore della iCub Facility dell'Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) di Genova. 

Serviranno ancora un paio di anni per mettere in rete tutti i robot del mondo, cosa che permetterà agli stessi lo scambio di dati e programmi. ICub un robot umanoide messo a punto nel 2009 dall'Iit, pronto a crescere e cambiare aspetto: avrà lo stesso volto della versione vecchia, ma sarà più robusto e più alto, sarà alimentato a batteria e perciò potrà muoversi liberamente nei laboratori, ma soprattutto non sarà più solo", ha spiegato Metta: potrà collegarsi con il cloud attraverso la rete wireless, e avrà funzioni simili a quelle di uno smartphone per assistere chi ne ha bisogno 24 ore su 24.

La ricerca unita all’innovazione e alla tecnologia al servizio del sociale e delle persone sole o disabili.


Il prezzo dovrebbe essere di circa 10.000 euro, ma l'obiettivo è realizzare qualcosa di ancora più conveniente e accessibile. E' questa la sfida della società italiana iCub Facility dell’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) di Genova. Giorgio Metta, Direttore dell’azienda è stato intervistato dall’Ansa, ed ha dichiarato :” Abbiamo appena iniziato il progetto che tende a sviluppare tecnologie a basso costo, in teoria traducibile per fare dei robot prodotti da fabbricare in serie e in grado di entrare nelle nostre case. Oggi un robot costa circa 250.000 euro ed è naturalmente fuori da ogni mercato. Robot di questo tipo – rileva Metta – possono essere utilizzati solo nei laboratori. Vorremmo arrivare ad un prodotto che non costi più di un’utilitaria, ossia sotto i 10.000 euro e se possibile anche meno». Per questo si stanno studiando nuovi materiali plastici da sostituire al metallo e si progettano componenti che sarà possibile produrre su larga scala” CLICCA QUI' per APPROFONDIRE

Saranno robot da compagnia pensati inizialmente soprattutto per le persone anziane, che nelle società avanzate sono destinate a diventare sempre più numerose, mentre sempre meno saranno giovani e adulti in grado di assisterle. ”I robot ai quali stiamo lavorando saranno in grado di compiere semplici compiti, come prendere oggetti, raccoglierli da terra, portarli”, sottolinea Metta che conclude: ”Saranno anche uno strumento di comunicazione, con funzioni molto simili a quelle di uno smartphone”.



iCub è un robot androide costruito dall'Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Genova. Alto 104 cm e pesante 22 kg, la sua estetica e funzionalità ricordano quelle di un bambino di circa quattro anni. Il robot umanoide dell'Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Genova, iCub, sta imparando a stare in piedi e a mantenere l'equilibrio anche nell'interazione fisica con le persone. Grazie alla pelle artificiale che gli permette di avere 4000 punti sensibili su tutto il corpo, iCub è in grado di misurare in ogni istante i contatti e le forze che riceve dall'esterno, rispondendo con movimenti adeguati a mantenere l'equilibrio. Queste nuove capacità saranno utili quando, nel prossimo futuro, iCub coabiterà con l'uomo negli ambienti domestici e dovrà muoversi in maniera sicura per sé e per gli altri. Infatti, non cadrà se sarà urtato e potrà interagire con gli uomini anche solo attraverso il corpo e il tatto.Quest'ultimo risultato è stato raggiunto grazie agli sforzi dei ricercatori di IIT e, in particolare, al Progetto Europeo Codyco, coordinato da Francesco Nori, del dipartimento di Robotics, Brain and Cognitive Sciences di IIT.
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giovedì 15 gennaio 2015

XIAOMI MI BOX MINI, UN ANDROID MINI-PC INNOVATIVO A 33 DOLLARI!

Eccezionale per tre ragioni il nuovo mini-PC Xiaomi Mi Box Mini: per le dimensioni ultracompatte, per l'innovativo design con alimentatore integrato e per il prezzo di soli 33 dollari al cambio. Sold-out assicurato.

Xiaomi, uno dei produttori cinesi di maggiore successo nel 2014 ed in rapida ascesa, ha aggiunto quattro nuovi device alla sua offerta: 2 smartphone Mi Note e Mi Note Pro, le cuffie Mi Headphones e il TV box Mi Box Mini. Xiaomi Mi Box Mini è la terza generazione del mini-PC Android della Casa cinese. Il capostipite era stato lo Xiaomi Mi Box del 2013, che per primo aveva saputo coniugare un prezzo aggressivo ad un design semplice ma raffinato che non sfigurava nel salotto di casa. Era poi seguìto nel 2014 un terzetto di mini-PC composto da Xiaomi Mi Box Pro, Mi Wi-Fi e Mi Wi-Fi Mini, con target differenti ma tutti accomunati da un design unico ed immediatamente riconoscibile.
Xiaomi Mi Box Mini è quindi l'ultimo di una serie di TV box Android based di successo, dei quali cercherà di ripetere i fasti nel 2015 puntando ancora una volta su un design particolare, sulla dotazione hardware e software robusta e stabile e sul prezzo competitivo. Insomma ci sono tutte le premesse per un autentico bestseller della categoria.

L'estetica è innovativa e segna una cesura rispetto agli attuali mini-PC o TV box che hanno la forma di cubi, cilindri o piccoli parallelepipedi da collocare di fianco al TV. L'ispirazione di Xiaomi Mi Box Mini sono gli alimentatori di smartphone e tablet: con dimensioni pari ad 1/4 del Mi box originario, Mi Box Mini sta nel palmo di una mano ed è ritenuto il PC Android più compatto attualmente esistente; sulla parte inferiore del telaio integra direttamente la spina per l'alimentazione, pertanto non si alimenta tramite cavo microUSB come di consueto ma direttamente infilandolo nella presa elettrica, esattamente come faremmo con un alimentatore!

Non si tratta soltanto di un cambiamento stilistico ma anche funzionale perché Mi Box Mini integra al suo interno il proprio alimentatore e non ha bisogno di alimentazione esterna. È una soluzione geniale, molto più pratica e riduce ulteriormente l'ingombro. Altra differenza rispetto al vecchio Mi Box è nei colori perché il telaio non è più nero ma bianco con un inserto in 5 tinte pastello: arancione chiaro e scuro, azzurro, giallo, verde, rosa.
La dotazione tecnica prevede un processore ARM Cortex A7 quad-core a 1.3GHz con sottosistema grafico ARM Mali 450 accompagnato da 1GB di RAM e 4GB di storage, il tutto montato su una motherboard che ha dimensioni pari ad 1/3 di una carta di credito! Non è stato ancora reso ufficiale il modello di processore ma la presenza di 4 core ARM Cortex A7 escluderebbe il SoC Amlogic S802-H utilizzato sul Mi Box del 2014.

Sarebbe invece assicurata la decodifica di video nel formato H-265 o HEVC ma fino ad una risoluzione massima di 1080p, quindi niente decodifica hardware per i video 4K. Per quanto riguarda l'audio invece sono supportati i sistemi di virtual surround sound DTS e Dolby.
Sul versante interfacce di rete c'è il WiFi n dual-band e il Bluetooth 4.0. Le caratteristiche tecniche nel complesso sono buone considerato il formato ma non tali da supportare i 4K. Il sistema operativo è Google Android e potete stare certi che nel giro di poche ore inizieranno ad apparire in Rete le prime custom ROM.


Il prezzo è di 199yuan, circa 33 dollari al cambio, quindi assolutamente competitivo se si considera che per la stessa cifra si riescono a trovare principalmente chiavette Miracast o soluzioni meno versatili com Google Chromecast o Amazon TV Stick.
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mercoledì 14 gennaio 2015

Al via test per Facebook at Work, sfida a LinkedIn

Nelle scorse settimane il Financial Times aveva dato l'anticipazione, oggi la conferma: Facebook inizia i test di 'Facebook at Work', una piattaforma dedicata al lavoro che sfida LinkedIn, il social network professionale.
"L'app sarà visibile sugli app store di iOS e Android e disponibile solamente per i partner del test", spiega la società di Mark Zuckerberg, aggiungendo che "le informazioni degli impiegati sono protette, confidenziali e separate da quelle del profilo Facebook personale".
"Facebook at Work è un'esperienza completamente separata da quella della piattaforma e offre agli impiegati la possibilità di connettersi e collaborare in modo efficace attraverso l'uso dei nostri strumenti, molti dei quali già noti e utilizzati come il News Feed, i Gruppi, messaggi e gli eventi", spiega Menlo Park in una una nota.
"Sarà quindi possibile restare in contatto con i propri colleghi nello stesso modo in cui lo si fa con i propri amici e familiari attraverso il social network", aggiunge. Facebook at Work offre un'esperienza anche visiva simile a quella del social network 'madre', ed è stato concepito e realizzato per essere utilizzato all'interno delle imprese, "il che significa che le informazioni degli impiegati su Facebook at Work sono al sicuro, protette, confidenziali e completamente separate da quelle del proprio Profilo Facebook personale.

Le informazioni condivise tra gli impiegati sono infatti accessibili solamente alle persone della compagnia", puntualizza l'azienda. "I commenti e feedback dei nostri primi partner pilota - aggiunge - saranno fondamentali al fine di costruire il miglior prodotto possibile per loro e i loro impiegati".
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martedì 13 gennaio 2015

Google sfida Skype con traduzione in tempo reale

Una nuova voce suggerisce che Google potrebbe lanciare un sistema di traduzione vocale in tempo reale il più presto possibile. Skype offre già una funzionalità simile, anche se al momento è disponibile in forma di beta. Un rapporto del New York Times sostiene che la nuova funzionalità sarà rilasciata come aggiornamento dell'app mobile Google Translate inizialmente per i soli dispositivi Android. Ma non aspettatevi la traduzione in tempo reale delle chiamate vocali, almeno all'inizio.

Non ci sono molti dettagli in questo momento sulla nuova presunta funzionalità, ma una cosa è chiara: Google non offrirà la traduzione vocale in tempo reale 'a due vie'. Se oggi la traduzione è possibile prima registrando al microfono, aspettare che venga elaborato l'audio e poi visualizziamo la traduzione, il servizio sarà in grado invece di tradurre automaticamente in tempo reale quanto il microfono cattura, parola per parola, in una lingua di vostra scelta utilizzando le già presenti funzionalità di Google Translate. Attualmente, l'app mobile offre traduzioni scritte da/a 80 lingue.

Si tratta di un tipo di funzionalità che potrebbe tornare molto utile. Molti utenti hanno lamentato che utilizzare Google Translate, ad esempio quando si sono trovati all'estero, è stato finora una cosa difficile. Il problema principale è che l'app può essere utilizzata per esprimere i propri pensieri o domande nella lingua che non si conosce, ma difficilmente può aiutare a capire la risposta della controparte.

Utilizzando la nuova funzionalità il cui lancio pare essere imminente, sarà possibile anche eventualmente seguire uno show televisivo o telegiornale straniero e ottenere la traduzione istantanea nella propria lingua.

Google, ha riferito il NYT, ha detto che la sua app Translate è stata installata più di 100 milioni di volte sui telefoni Android, la maggior parte dei quali potrebbe ricevere l'aggiornamento. "Abbiamo 500 milioni di utenti attivi che fanno traduzioni ogni mese, in tutte le nostre piattaforme", ha detto Hughes Macduff, il direttore tecnico di Google Translate. Con l'80 per cento del web diviso in sole 10 lingue, ha aggiunto, la traduzione diventa una parte fondamentale di apprendimento per molte persone.

La traduzione automatica di pagine web in alcune lingue principali è già una caratteristica disponibile per il browser Chrome di Google. Le persone che utilizzano il browser possono tradurre una pagina che è in inglese in italiano in automatico.


E la sicurezza? La traduzione automatica (o interpretazione automatico come viene chiamata la nuova funzione da alcuni siti di media) non dovrebbe rappresentare un rischio per la sicurezza. Google divide le conversazioni in file separati, in modo che spie e hacker non possano facilmente capire chi ha detto cosa.
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